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“Blu32” di Emanuele Bissattini: la recensione

Last Updated on 15/05/2019

Blu32, il secondo libro di Emanuele Bissattini, edito da Robin Edizioni nella collana Biblioteca del Vascello, è un romanzo che sembra un incontro di pugilato. Ne ha le tempistiche. La lettura permette di immaginare l’azione come scadenzata dal gong dei round, dal conteggio dell’arbitro al momento in cui si finisce al tappeto, dai tentativi per il prendere il tempo al proprio avversario e portare i colpi.

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blu32è un film dal montaggio destrutturato. È una sceneggiatura che va a caccia della storia da raccontare avanti/indietro sulla linea del tempo. La rilegge da punti di vista affini ma diversi, ogni volta volontariamente togliendo o aggiungendo qualcosa.

blu32 è una storia di accumulo e sottrazione ambientata a Roma in giorni che sembrano i nostri, con personaggi che potremmo aver sfiorato più volte sui marciapiedi. Con discorsi che avremmo potuto intercettare facilmente in un bar e dovuto dimenticare alla stessa velocità, semplicemente per non avere problemi.

È una storia di amicizia, di malavita, di detenzione. A suo modo di riscatto, quasi una sublimazione della colpa, per un’espiazione della pena che assume i connotati del sacrificio. È una storia che convive e scavalca il senso del limite. Densa. Viva. Zeppa di esistenze in cerca di riscatto, da fallimenti, scelte arrischiate, posti sbagliati in momenti sbagliati. Senza che crediti e debiti siano mai pareggiati.

Tre amici, un’adolescenza vissuta insieme sulla strada, per una vita adulta che riconosce nella criminalità l’unica possibilità di svolta. Entrare nel grande giro, quello che conta nel quartiere. Entrare in batteria. Lavoretti sporchi in preparazione dell’occasione, quella vera che ti cambia la vita e la cambierà, ma non nel modo desiderato.

Sempre insieme, anche se qualcuno di caro ci è finito in mezzo ed incolpevole ci ha lasciato. Insieme in carcere, affrontando di comune accordo un sistema detentivo sperimentale, per ritrovarsi uno contro l’altro. Senza la possibilità di riconoscersi boia o carnefice. Chi è guardia e chi carcerato.

Il nostro commento

Riconoscere. Non è possibile riconoscere qualcuno se si è accettato di sottoporsi ad un programma di cancellazione e riprogrammazione della memoria. Non si può identificare una persona se il suo ricordo è cancellato, anche se è stato un amico fraterno. Non lo può fare chi – per una scelta che non rammenta – ha deciso di scontare la propria pena passando dall’altra parte della barricata e si è ritrovato a rimodellare menti altrui per mestiere.

Eppure sempre insieme, nel prendere pian piano coscienza del proprio passato, nel ricordo di ciò ch’è stato, fino alla riscoperta di ciò che è stato deciso insieme. Un atto condiviso. Scelto e voluto. Più forte del dramma.

Ed allora, solo allora. Accorgersi di avere un’unica soluzione. Un’ultima decisione da prendere in solitudine per tutti. In nome dell’amicizia accelerare la fine della corsa, quella propria e dei propri compagni. Senza pretendere redenzione. Inseguendo soltanto la liberazione.

A chi si rivolge

blu32 è un libro di atmosfere. Roma ne è la protagonista ingombrante e silenziosa. Romani sono i personaggi. Parlano e pensano in “romano” anche quando si esprimono in italiano. Ma non è una Roma da cartolina, bella tanto da essere a portata di turista. È una città vista di riflesso, che non tutti sono in grado di cogliere. Una città che si scopre trasfigurata, nel momento in cui cerca di specchiarsi in se stessa.

È una città senza tempo, senza pioggia, senza luce. Senza giorno o notte. Vive sempiternamente un istante che non passa. Consuma drammi di quartiere e si scopre ancora proletaria. Con i debiti che trovano nella delinquenza un’opportunità di ristoro a buon mercato. Con la periferia che non respira neanche quando dorme, nemmeno troppo scocciata dall’essere stata da tutto e tutti dimenticata. Un luogo che è anima e sangue. Strada. Codice morale e immorale. Saturazione.

blu32 è una colonna sonora, con il testo che di volta in volta suggerisce i brani da mettere in rotazione. Un ambiente fatto di marche, usi, costumi e arredi urbani. Quasi che la vita di strada ed il confronto diretto con l’altro – fatto irrevocabilmente a muso duro – siano la sola agenzia di socializzazione rimasta. Od almeno l’unica degna d’essere riconosciuta.

blu32 è un libro evocativo, che strizza l’occhio alle opere di genere più recenti e celebrate (es. Romanzo Criminale, ACAB, Suburra, Non essere cattivo, etc). Per nutrirsene e reinventarne a suo modo il filone. Si innesta in un mood collaudato, lo cavalca per quel che può e lo rilegge dalla sua prospettiva. Quasi consapevole di quanto la sua storia sia sfacciata e irrispettosa degli archetipi, tanto da aprirsi a scenari che a qualcuno potrebbero suggerire suggestioni fantascientifiche.

blu32 è un libro sporco, popolare, sbagliato, ruffiano tanto da essere ingenuo e non avere il coraggio di essere “paraculo” fino in fondo. È talmente verosimile da sembrare autentico e per questo in definitiva vero. È fiction signori, di quella buona, italiana. Narrativa di genere capace di intrattenere. Scrittura visuale. Immagini e dialoghi serrati. Botta, risposta e azione.

blu32 piacerà a chi ha scoperto o riscoperto Roma dalle riletture letterarie o cinematografiche che ne sono state fatte in questi ultimi anni, ma anche a chi non sì è accontentato ed ha provato a reggerne lo sguardo. A chi ha imparato ad osservarla di sbieco. A chi è andato oltre la normalità del menefreghismo e non ha provato paura di fronte a ciò che rimane di là dalla marginalità. Forse piacerà anche a chi ama Philip K. Dick.

blu32 piacerà a chi ama il cinema come svago, a chi combatte in palestra, a chi va in moto senza sfoggiarla soltanto agli aperitivi alla moda. Piacerà a chi rinuncerà a sofismi o a leggervi chissà quali dietrologie, perché in fondo si tratta soltanto di una storia che vuole essere raccontata. A suo modo divertire. Provare a fare dell’intrattenimento cercando di essere non banali.

LA SCRITTURA –  blu32 è un libro ben scritto. Lo stile è veloce, conciso. La scrittura è visiva, le scene raccontate sembrano coreografate. I dialoghi sono sequenze di cazzotti presi in faccia, sprigionano intuizioni a ritmo sostenuto.

Scritto e pensato in lingua italiana, utilizza talvolta espressioni e modi di dire di chi vive a Roma, senza sforare nel dialetto romanesco. Tutto può essere definito come un’inflessione verbale che,  facendo parte di un background affermato, è già sedimentata nell’immaginario collettivo. Quasi un luogo dell’anima.

L’obiettivo di descrivere l’azione tramite flashback e flashforward è raggiunto in modo esauriente. È svolto correttamente nel rispetto delle diverse prospettive dei vari personaggi che ne prendono parte.

A fine lettura il libro dà l’impressione di poter dare di più. La storia possiede potenzialità narrative tanto da far pensare alla concreta possibilità di un pronto adattamento sottoforma di sceneggiatura, che sia teatro, cinema o tv.

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