Dedalo e Icaro, il capolavoro che Canova ha realizzato da giovanissimo
L’opera, nonostante la pregevole realizzazione, è una delle prime opere in assoluto di Antonio Canova, considerata appunto il capolavoro della giovinezza veneziana. completata nel 1779, aveva fruttato allo scultore, poco più che ventenne, la somma di cento zecchini

Dedalo e Icaro, nonostante la pregevole realizzazione, è una delle prime opere in assoluto di Antonio Canova, considerata appunto il capolavoro della giovinezza veneziana. E’ stata eseguita su commissione dal procuratore di San Marco Pietro Vettor Pisani.
L’opera in marmo, completata nel 1779, aveva fruttato allo scultore, poco più che ventenne, la somma di cento zecchini, utili per compiere finalmente il tanto desiderato viaggio a Roma. Il gesso di questo capolavoro viene conservato presso la Gipsoteca canoviana di Possagno.
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Secondo il mito, Minosse per punizione rinchiuse Dedalo e suo figlio all’interno del Labirinto da lui stesso progettato
L’artista, si era ispirato alla favola mitologica narrata da Ovidio nell’Ars Amandi (vv. 49-70) e nelle Metamorfosi (libro VIII): il soggetto costituiva in parte una novità, tenuto conto del fatto che l’iconografia era quasi del tutto sconosciuta alla stessa produzione plastica degli antichi, più nota invece in pittura.
Secondo il mito, Minosse per punizione rinchiuse Dedalo e suo figlio all’interno del Labirinto da lui stesso progettato. L’unico modo per uscire era evadere volando: così il saggio uomo costruì delle ali di cera, raccomandando al figlio di non volare troppo vicino al sole. Ma il giovane ingenuo, un po’ temerario, disobbedì e il calore del sole sciolse le creazioni. Icaro così cadde in mare, trovando la morte.
Analisi dell’opera
L’effetto di sorprendente realismo, nella resa dei corpi, spinse addirittura alcuni critici ad insinuare che lo scultore si fosse avvalso di un calco preso direttamente su un modello vivente.In effetti, il virtuosismo era tutto giocato sul dualismo fra la naturalissima figura del vecchio Dedalo e quella di Icaro, già protesa a un moderato idealismo di matrice classicheggiante.
Significativo il sottile accento psicologico, incentrato sull’espressione preoccupata e perplessa del padre. Il suo volto, dalle rughe marcate, comunica inquietudine, timore per il fallimento dell’impresa e una sorta di consapevolezza per l’imminente pericolo. Il contrasto è evidente: il ragazzo, forse anche troppo giovane per essere suo figlio, è spensierato e ha un sorriso – insieme d’orgoglio e serena incoscienza – proprio di chi ignora l’incombente destino cui sta andando incontro.
Per quanto riguarda lo spazio, i due soggetti formano una specie di X, o meglio una posizione chiastica, che si richiama al discorso della contrapposizione narrata precedentemente.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.