“Monologhi dell’Atomica”: la recensione
Last Updated on 10/04/2019
Il palco del Teatro Due di Roma diviene nuovamente Una Stanza Tutta Per Lei. È il turno di Elena Arvigo che in questa “stanza”, luogo protetto che è il teatro, da voce a vicende umane sconvolte radicalmente da strumenti del potere; cambiate … per sempre.
I LIBRI DI SCUOLA –Non sapevo esattamente cosa aspettarmi da questo nuovo incontro teatrale. Mi siedo velocemente, sono in ritardo. Non mi accorgo della presenza sul palco della donna che mi accompagnerà per la prossima ora all’interno di un viaggio, in una memoria lontana ma crudelmente vicina. È coperta Elena Arvigo, da una tuta e da una maschera antigas; siede su una sedia. Mi chiedo come si possa respirare lì dentro e come si veda attraverso.
Il viaggio che mi accingo ad intraprendere è crudele e riflessivo. Davanti alle chiare immagini che mi vengono proposte non posso fare altro che pensare ai libri di scuola che, con poca sensibilità ci hanno raccontato, e ci raccontano ancora, storie di vite finite, di rabbia, di collera. Racconti algidi che fanno apparire il tutto come niente. I Monologhi dell’Atomica, portano alla luce fatti che vivono solo nell’immaginario di alcuni come vicende storiche lontane, ma che hanno nei loro numeri, percentuali e statistiche, l’orrore dei “perché” e del “come”.
VITE NELLA STORIA CHE FUGGONO – La storia: quel trascorrere del tempo a cui siamo destinati, è pregna di vite infinite e lontane. Tra queste vite, quelle narrate nei monologhi e nelle letture tratte da Preghiera per Černobyl’ di Svetlana Aleksievič, e da Nagasaky di Kyoko Hayashi, fonte dello spettacolo sensibilmente messo in scena dalla Arvigo. In quelle vicende si interrompono, o drasticamente mutano, le vite di uomini, donne e bambini strappati dalla quotidianità per errore e per follia.
Aprile 1986. La dolcezza della storia d’amore di una giovane ventitreenne irrompe nella mente con immagini che sanno di surreale. Il ricordo del suono della voce di chi hai amato scuote il vuoto interiore, più che una foto. L’amore che sostiene questo lungo e tormentato viaggio verso la fine, di cui la protagonista porterà i segni per sempre, è solo uno dei mille esempi di vite nella storia che ci sfuggono.
UN FILO D’ERBA- La felicità è una cosa così semplice, questa frase si insinua nel cervello per un bel po’ durante la serata , e ci si domanda ancora il perché del dolore, dell’impotenza. Agosto 1945 – Non vidi nessuna luce e non senti nessuna esplosione. Bambini che mangiano un gelato , evitati come la peste. Evacuazione. Andare via in fretta e furia senza sapere perché e dove. Quello che rimane è un senso di smarrimento. Ma che cosa è stato fatto? Perché dovrebbe ancora accadere? Quando poi ci si accorge che le risposte sono nell’uomo stesso, non si può far altro che sperare per non soccombere alla paura. Un viaggio ricco di spunti riflessivi, verso l’amore e la vita, attraverso la paura e la morte tutte facce della stessa medaglia. Le parole non mi interessano più […] Si chiude questo libro di storia lasciando nella mente, eventi che adesso sono più di una data da memorizzare. Nasce solo un filo d’erba tra le macerie, un grido: VITA.
INFO – Monologhi dell’Atomica, con Elena Arvigo. Lo spettacolo fa parte della rassegna “ Una Stanza Tutta per lei”, rassegna teatrale per immaginare il femminile del terzo millennio. Direzione Artistica di Daniele Salvo. La rassegna sostiene Robert F. kennedy Human Rights Italy e ACTO Onlus ( Alleanza contro il tumore ovarico). Dal 14 gennaio al 10 aprile 2016 al Teatro Due di Roma. Prossimo appuntamento : Finalmente Sola con Paola Giglio dal 28 al 31 gennaio.
PER TUTTI GLI AGGIORNAMENTI, SEGUI LA PAGINA FACEBOOK (link qui) DI UOZZART
Leggi anche:
- Canto per un bambino mai nato: la nostra recensione
- Settimana della Memoria: il ricordo si fa arte. Le iniziative a Roma
- “Coatto unico senza intervallo”, di e con Giorgio Tirabassi: la nostra recensione
- Intervista a Cinzia Pellin, l’artista delle dive del cinema
- Morte di un commesso viaggiatore: la nostra recensione
Siciliana, anno 1984 . Ho sempre fatto qualcosa inerente l’arte. Danza fino a 20 anni per poi innamorarmi del canto e della recitazione. Ho frequentato l’istituto d’arte della mia città, diventando decoratrice pittorica. Mi specializzo nelle arti performative frequentando una scuola di musical, un’accademia di recitazione. Infine conseguo la laurea alla Sapienza, sempre in teatro. Attualmente sono un’attrice, cantante e regista teatrale; ma non si sa mai! Non si smette mai di imparare, mai.
6 Comments »