La fine del Macro: muore l’arte contemporanea a Roma
Last Updated on 27/01/2019
Il Museo d’Arte Contemporanea di Roma (per gli amici Macro) non è mai stato un museo né una fondazione: lo era nelle nostre teste, nelle nostre parole, nelle nostre emozioni. Lo era per chi ama l’arte contemporanea, lo era per chi ha gustato le mostre e le collezioni (tra alti e bassi) che qui si sono alternate. Era un museo per noi, ma non lo era da un punto di vista burocratico e amministrativo. Non lo è mai stato. Ed oggi uno dei maggiori centri propulsori di cultura in Italia (e, ve ne parlerò, anche in Europa) sta per morire. Nel peggiore dei modi. Non verrà abbattuto, non preoccupatevi. Ma perderà la sua connotazione attuale. Sino a diventare una “location per eventi”. Già. A questo punto l’ipotesi “abbattimento” sarebbe quasi da rimpiangere.
Il Macro è a rischio?
“Questioni economiche”, chiosano dal Comune alle prese con il deficit di 867 milioni di euro, per giustificare il tiramolla di promesse dopo la chiusura del contratto dell’ex direttore Bartolomeo Pietromarchi, non riconfermato. Un uomo che, classe 1968, laureato con lode in Storia dell’arte Contemporanea, ex Direttore della Fondazione Adriano Olivetti, curatore del Padiglione Italia della Biennale di Venezia, ha riportato ottimi risultati anche a livello di biglietti staccati.
IERI: Nel settore dell’arte contemporanea è il primo museo italiano, secondo la classifica pubblicata da Il Giornale dell’Arte e The Art Newspaper: 300mila visitatori (50mila in meno rispetto all’anno precedente), seguito dal suo odi-et-amo Maxxi. Non male, se si considera il notevole calo/crollo turistico che hanno attraversato le attività museali negli ultimi mesi, con cali che hanno raggiunto anche il -40% in altre parti d’Italia. Numeri che, ripetendo un’espressione che in un settore come l’arte non dovrebbe mai conoscere, “in tempi di crisi” sono da considerarsi in ogni modo miniera di oro. Se vogliamo considerarne solo il lato economico.
Le collezioni del Macro
La collezione del MACRO, nelle sue sedi in via Nizza e Testaccio, comprende circa 600 pezzi, ed è costituita principalmente da opere della seconda metà del XX secolo di artisti italiani come Carla Accardi, Antonio Sanfilippo, Achille Perilli, Piero Dorazio, Leoncillo and Ettore Colla, Mario Ceroli e Pino Pascali, Tano Festa, Mario Schifano, Titina Maselli e Mimmo Rotella. Ma da qui sono passati anche Giovanni Albanese, Andrea Aquilanti, Gianni Asdrubali, Domenico Bianchi, Bruno Ceccobelli, Sarah Ciracì, Enzo Cucchi, Fabrice de Nola, Gianni Dessì, Daniele Galliano, Federico Guida, Felice Levini, Fabio Mauri, Luigi Ontani, Cristiano Pintaldi, Piero Pizzi Cannella, Gioacchino Pontrelli, Bernardo Siciliano, Sissi, Marco Tirelli.
La situazione del Macro, oggi
L’attuale funzionario ad interim è Alberta Campitelli, storica dell’architettura ed esperta di Ville, Giardini e Parchi storici. Persona colta, preparata, ma la cui preparazione ha ben poco a che fare con un Museononmuseo come il Macro. E lei deve “giustamente” interessarsi anche a tante altre spinose questioni e settori. Da Flavia Barca, assessore alla Cultura di Roma, ancora monosillabi e risposte imbarazzanti. A cui si aggiungono anche l’attuale incompetenza e scandalosa indifferenza dinanzi ad una bellissima mostra come Digital Life 2013 organizzata dal Festival Romaeuropa al Macro Testaccio e danneggiata da ripetuti atti di vandalismo dai visitatori per mancanza di personale.
Interrogativo Zetema
E su Zetema, società partecipata al 100% da Roma Capitale, con circa mille dipendenti, di cui il 70% impiegati e con un titolo di studio superiore, sarebbe opportuno stendere un velo di ignoratio et pietas. Dopotutto parliamo di un grosso calderone qual di gente che non ha mai avuto nulla a che fare con l’arte e con la passione per essa. Nonostante il massimo rispetto ed affetto che nutro nei confronti di alcuni dipendenti che, ho avuto modo di constatare quelli di Palazzo Braschi, lavorano con dedizione, impegno e, soprattutto, col sorriso. Sono gli “altri”, quelli che dispongono dalle loro scrivanie, il reale problema di questo gruppo. E al Presidente di Zetema Francesco Marcolini qualche domanda la porrei personalmente. Spero ne avrò modo, prima o poi. Partendo dal classico “uozzart4u”.
Una location per eventi?
E’ questo il destino del Macro. Roba da prendere l’attuale amministrazione e chiedere loro ogni singolo euro che i contribuenti italiani e romani hanno versato per veder crescere l’arte italiana. E si è dimostrato vano, ahimè, anche lo sforzo, intellettuale ed economico, di Beatrice Bulgari, presidente dei MacroAmici, che ha lanciato una petizione per garantire un futuro al Macro: «Se l’assessore e il sindaco non faranno un passo indietro se ne assumeranno tutte le responsabilità, soprattutto a livello economico». Dopotutto la sua associazione, solo nel 2013, ha fatto investimenti per circa 150mila euro, di cui 45 per l’acquisto di nuove opere per la collezione permanente. Beatrice, che negli ultimi due anni ha avuto un gran daffare nella gestione dei rapporti pubblici e mediatici per la gestione di queste scomode mura, con i suoi eventi sempre eleganti, artisticamente pregnanti ed esclusivi, potrebbe giustamente mollare la corda. E lasciare che la Barca (pessimo gioco di parole) percorra il suo triste destino. Un sontuoso progetto che è costato finora almeno 20 milioni di euro. Presi e buttati avete capito dove. Perché, si sa, in Italia la lungimiranza è una parola che non esiste.
Il canto del cigno del Macro suona ormai le sue ultime note. Se avete ancora fiducia nel futuro artistico e culturale di Roma e dell’Italia, fate sentire la vostra voce. Forse, chissà, siamo ancora in tempo. Un po’ di responsabilità civile per quel che è il bene comune del Belpaese, infatti, non farebbe male. Senza ipocrisie.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.
è allucinante.
Umanamente mi dispiace per chi perderà il lavoro professionalmente no perché preferisco che le cose cambino. Sono uno scultore e come tale appartengo a una categoria ormai in via di estinzione , le gallerie non ti vogliono , sono un cane sciolto che ogni giorno si deve preoccupare di curare rapporti e possibile committenze, le strutture pubbliche non si interessano minimamente al nostro lavoro così pure i musei che hanno tutti rapporti clientelari , alla faccia della cultura . Fare una politica più attenta e oculata e tenete conto come fanno tutti gli operatori delle ragioni che allontanano i visitatori, insomma fatevi un esame di coscienza e prendete provvedimenti , se le cose non funzionano abbandonate perché avete sbagliato mestiere.
Antonio, concordo pienamente con te. Quando e se saprai qualcosa “che non va”, fammelo sapere.
Conosci?
http://www.myhomegallery.org/
è uno scempio.
http://www.doppiozero.com/materiali/ars/cultura-roma-attende
in questo articolo dal titolo “roma attende”, letto qualche tempo fa…si cela trà le righe la premunizione di ciò che sta accadendo pian piano nel panorama museale romano. Sconvolgente realtà … aggiungerei, “c’è poco da attende”.
Perché il Macro è solo l’esempio più eclatante…
siamo alle solite il nostro patrimonio artistico che molto potrebbe dare alla ripresa economica viene bistrattato per mancanza di passione. peccato…
Vi linko il sito della petizione on line: basta un click. Provarci non costa nulla.
http://www.petizionepubblica.it/?pi=MACRO
É uno scempio,il Macro ha portato grandi, mostree contemporanee a Roma,progressivamente si sta permettendo ai comuni,allo stato italiano, di allontanare l’arte dal nostro paese,un paese che é cresciuto ed é un fonte di cultura sotto ogni aspetto artistico..
chissà, siamo ancora in tempo.
Perché in Italia non c’è l’organizzazione dei volontari che si trova all’estero? I musei potrebbero rimanere aperti e funzionare molto meglio se tanti pensionati tagliati fuori dagli impegni lavorativi quotidiani potessero sentirsi di nuovo utili e necessari alla societa…senza parlare poi dei giovani ancora privi di lavoro o delle casalinghe…
Che noia con questi volontari! Io sono un operatore culturale e mi faccio il mazzo quotidianamente da anni per far funzionare le cose nel sistema (marcio) dell’arte. Almeno per quello che posso.
Come critico d’arte e curatore non ho alcun diritto: non abbiamo una tabella di riferimento per i nostri compensi, non abbiamo un albo, quindi chiunque la mattina può svegliarsi e decidere di fare il curatore (e succede ogni giorno, credimi…soprattutto in piccole città!), non abbiamo uno stipendio, non abbiamo manco diritto a sconti nei musei….pensa all’assurdità della cosa…io scrivo su riviste d’arte importanti ed ogni volta che devo scriver eun articolo devo pagare l’ingresso alla mostra perchè non ho alcun tesserino che ufficializzi la mia professione. E tu mi parli di volontari? persone che magari non sanno nulla di arte e devono star lì a fare cosa? A controllare? Basta con questo volontariato che non serve a nessuno: assumessero personale qualificato e PAGATO per occuparsi d’arte. E che cavolo!!!!
Che peccato per il macro, spero si possa ancora fare qualcosa, magari con la petizione. Per la tipologia di personale assunto da Zetema però volevo dire qualcosa: non credo sia discutibile la scelta di assumere gente con un diploma superiore, perche del resto, la maggior parte di quei lavoratori, devono soltanto stare in piedi davanti un’opera e fare attenzione che nessuno tocchi il quadro o quello che sia, ci siamo capiti. Cioè, volete che un laureato (magari con massimo dei voti) faccia ciò?
Caro/a mm, sono un laureato magistrale con 110 e lode, un master di primo livello, oltre tutto, quindi proprio il massimo dei voti che tu indichi, e sì, ebbene sì, sto proprio in piedi davanti un’opera e faccio attenzione che nessuno tocchi il quadro o quello che sia, e lo faccio al Maxxi, da 3 anni e mezzo. Solo che non faccio solo quello, faccio il controllo agli accessi, gestisco eventi privati, do indicazioni al pubblico, faccio guardaroba, occasionalmente spiego le mostre ai visitatori. Ho 31 anni, lavoro da quando ne ho 22, e faccio questo lavoro, con le mie due belle lauree (entrambe 110 e lode), perchè ormai in questo contesto sociale lavorativo, se non si è segnalati da qualcuno o non si ha un contratto per gli under 24, bisogna sapere plurime lingue, avere un CV di tutto rispetto e determinate caratteristiche di competenza anche per guardare i quadri, guarda i casi. Lo faccio perchè a 31 anni vorrei uno stipendio facendo un lavoro dignitoso, anche se non magari quello che avrei pensato di fare, e sinceramente che io sia laureato, non gliene frega nulla a nessuno se non ci si adatta a quello che il mercato propone. Buona giornata.
Una soluzione potrebbe essere quella di privatizzarlo.
Se gli eventi che vanno a sostituire le opere fossero qualitativamente selezionate, se si facesse attenzione alle proposte musicali di avanguardia, aprendo roma ad “eventi” culturali cone festival che in europa contribuiscono a riempire, ampliandoli, i contenuti artistici di tali spazi, contribuendo alla loro sussistenza non ci vedo niente di male!
Una “location per eventi” lo era divenuta anche la stazione Ostiense. Un’ opera pubblica realizzata con soldi pubblici e poi rivenduta a varie società per farne prima un bar, poi una discoteca fino a darlo in affitto a Eataly che ne ha fatto oggi il suo ristorante a Roma. C’é da chiedersi, visto che la stazione é stata fatta con i nostri soldi per dare un servizio pubblico ai cittadini romani, non sarebbe giusto che il canone d’affitto venisse diviso tra i cittadini? E invece a chi vanno in tasca questi soldi?
quello di cui parli non è la stazione ostiense, ma l’air terminal.
costruito per i mondiali degli anni ’90 e mai usato.
e tutte le attività che hanno provato a farci dopo hanno fallito, soprattutto per responsabilità di chi organizzava, tutte tranne eataly (finora).
se eataly paga un buon affitto, ben venga, anche se eataly come concetto lo trovo odioso, soprattutto in città come Roma, dove la tradizione culinaria è l’esatto opposto di pettinato che loro propongono.
I soldi dell’affitto ripartiti fra i cittadini è la solita boutade per fare l’amico del popolo, anche perché, a rigor di logica, andrebbero spartiti fra tutti i contribuenti italiani, non l’hanno fatto i romani l’air terminal, ma lo stato italiano.
L’ha ribloggato su Un Blog un po' cosìe ha commentato:
Onestamente:
MI SONO ROTTA I COGLIONI.
MA TANTO TANTO.
UNO SPAZIO MERAVIGLIOSO CHE OSPITA (HA OSPITATO, ORMAI) CAPOLAVORI E RASSEGNE EMOZIONANTI.
..ROTTA I COGLIONI.
L’ha ribloggato su Amolanoia.
Non mi piace per niente. 🙁
Quello che manca in Italia è L’INSEGNAMENTO dell’Arte !
Se non si parte dalla seria EDUCAZIONE dei nostri ragazzi
(e parlo di una Educazione reale all’uso dei linguaggi artistici; … che si ottiene SOLO INSEGNANDO a FARE e PRODURRE ARTE…e NON certo a parlarne -…magarianche in modo sbagliato-)
i MUSEI dell’arte continueranno ad essere cattedrali in un sempre più devastante deserto circostante, e a rappresentare solamente il FINTO interesse delle nostre marce Istituzioni per la Cultura (naturalmente saranno invece molto “utili” per RUBARE soldi a tutti noi…essendo tali Istituzioni LAUTAMENTE SOVVENZIONATE con soldi pubblici)
La scuola deve Insegnare e formare Cittadini che abbiano gli strumenti per conoscere e quindi amare l’Arte; e che per questo sentano “il bisogno” di vivere e condividere l’esperienza artistica come qualcosa di importante all’interno della loro vita e nel rapporto con la società in cui si trovino a vivere.
…Se, in primis, non si lavora con determinazione per mirare questo (i “nemici” contro cui combattere sono tantissimi) a nulla di realmente positivo serviranno i Musei !
PB – Referente Codim (www.codim.jimdo.com)
“Quello che manca in Italia è L’INSEGNAMENTO dell’Arte !”
la insegnano anche troppo
ecco perché poi i giovani crescono con la nausea per l’arte, vissuta come “quella cosa che devi studia sennò la prof te mette 4”.
e comunque mi sembra fasciarsi la testa prima che sia rotta, una mostra non è forse un evento?
lo status di museo servirebbe esattamente a cosa?
a creare l’ennesimo sepolcro in cui i giovani poi non vanno?
se continueranno a fare quello che già facevano, o miglioreranno l’offerta o la diversificheranno in maniera positiva, non possiamo dirlo a priori. Mi sembra che l’Italia stia diventando il paese delle profezie autoavveranti, a forse di vedere nero ovunque, il nero poi arriva.
L’ha ribloggato su Nel mondo di April Apricòt.
io penso che Macro meriti un attenzione particolare perchè il posto è veramente bello se ci sono stati meno ingressi va fatta una seria riflessione su quanto si faccia a cominciare dalle scuole sull’alimentare l’amore per l’arte. Come artista vorrei che ci fossero sempre più proposte indirizzate verso artisti emergenti senza limiti d’età degni tramite selezione di esporre, senza intermediari di alcun tipo tranne una seria selezione.
Secondo me è una grandissima caXXata! quali sono le tue fonti? potresti renderle note? online non ho trovato nessuna notizia a riguardo (Repubblica, Il Messaggero, Arte, ecc) c’è solo un link che rimanda a questo sito come unica fonte.
Prima di parlare di caxxata, io una ricerca più raffinata la farei, fossi in lei. Se poi ha bisogno anche della delibera della giunta capitolina, approvata la scorsa settimana, avrò il piacere di girargliela appena pubblicata on line.
forse è arrivato il momento di farla finita con i musei, tutti: l’arte deve essere nei luoghi della vita, le piazze, le scuole, i mercati, le stazioni, gli ospedali
E’ impensabile che un luogo di cultura chiuda. Quando questo avviene una parte della nostra storia si perde, questo devono pensare persone come il Sindaco di Roma Ignazio Marino. I musei sono lo “specchio” di un popolo, se li chiudiamo abbiamo perduto la nostra immagine
Che dire! Siamo senza parole! Se si vuole uscire dalla crisi bisogna investire in cultura: è questo il motore che fa crescere l’essere umano! E noi chiudiamo i musei!
All’estero comprano arte contemporanea perché la vedono come un investimento sul futuro. Chi nel passato comprava per due soldi le opere di artisti geniali e poco compresi faceva buoni affari; e una grande struttura ben articolata è destinata a mettere assieme cose di poco conto e cose che tra dieci anni verranno giudicate capolavori. Il bilancio complessivo è sempre stato un discreto guadagno un po ovunque.
In Italia è sfuggita la furbizia economica che sta dietro alla scommessa sull’arte contemporanea: se manca questa percezione, e se il sentimento culturale è scarso, non abbiamo molte possibilità. Siamo zoppi di tutte e due le gambe.
mah… la parte più divertente è quando spara a zero su Zètema. del resto è tutta colpa sua no?
Ciao ragazzi, qui Sandro di Mostrami, l’abbiamo postato anche noi… Ho visto che ci sono tanti blogger qui ma se facessimo partire una raccolta di firme contro la chiusura o la modifica della destinazione!?!? che ne pensate? facciamoci tutti promotori dell’iniziativa e magari un risultato vero lo otteniamo!
The people who work in culture in this country are simply amazing — the staff and director of the museums incredible and idealistic. Perhaps, though, a return to the idea of the academy as the locus of art, or the bottega as center, and the private viewing space as the origin of collecting — Renaissance themes all — might relativize the focus on the museum itself. While the people here are revolutionary, the construction of Segesta-like temples is doomed to fail in Italy…it is only the humble and even intangible structures that win, not megaliths…the Roman brick, legal codes, language, frescos, roads, carbonara. Follow the example of curators like Ludovico Pratesi, Cecilia Canziani, Ilaria Gianni, Adrienne Drake, Paola Capata, and many others, who have curated in space, and place, with great refinement and small budgets. In the age of Tino Sehgal and mediaticizaion of art, the hulk is less important than the net. And a trip down 5th Avenue or the Champs Elysees, from Bulgari to Fendi to Armani to Prada, reassuringly posits that Italy still rules in the arena of style. Let’s face it, the MAXXI and MACRO can’t compete with Michelangelo and Moretti, no matter how wonderful the staff and intentions. Chiude una porta, apre un portone?
Fossimo un paese del Terzo Mondo me lo aspetterei ma non dal paese che ha creato la maggior parte dell’arte nel mondo. Stiamo diventando cultralmente un paese povero, di cultura e valori, motore sostanziale del miglioramento sociale.