40 anni di “Manhattan”, il capolavoro di Woody Allen
il 31 ottobre 1979 debuttava nelle sale italiane Manhattan, il capolavoro di uno dei registi più amati e più odiati di Hollywood: Woody Allen.

Il 31 ottobre di 40 anni fa la tradizione del dolcetto o scherzetto non aveva ancora oltrepassato l’Oceano Atlantico, ma qualcos’altro proveniente dagli USA approdava qui da noi: il capolavoro di Woody Allen, Manhattan. Tra commedia e dramma, tra film romantico e malinconico, Manhattan è un film unico, per scrittura, interpretazioni, tecnica.
La trama
Isaac (Woody Allen) ha 42 anni e, appena divorziato da Jill (Meryl Streep), che si è innamorata di una donna e sta scrivendo un libro sul fallimento del loro matrimonio, inizia a frequentare la diciassettenne Tracy (Mariel Hamingway). Il suo migliore amico Yale (Michael Murphy) è sposato con Emily(Anne Byrne Hoffman), ma conosce la bella e intelligente giornalista Mary (Diane Keaton) e se ne invaghisce. Preoccupato per la differenza d’età, Isaac tronca con Tracy e inizia una relazione con Mary…
Leggi gli altri articoli “cinematografici” di Uozzart.com
“New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata”
Il nome dice tutto: il film è un omaggio a Manhattan, alle sue strade, ai suoi parchi, ai suoi edifici e musei. La Manhattan di Allen, mai così bella, dipinta in uno splendido e malinconico bianco e nero, è parte integrante della storia, ma è anche una Manhattan irreale, idealizzata, sognata dal regista. Sulle note di Gershwin (che, dice l’autore, sono state l’ispirazione principale per la creazione della sceneggiatura) Woody Allen ci racconta una storia di amore e ripensamenti, intrighi e tradimenti, con dialoghi coltissimi e uno sfondo che è un’opera d’arte.
Appassionati di arte, teatro, cinema, architettura, libri, spettacolo e cultura? Seguite le nostre pagine Facebook, Twitter e Google News
Mio padre è Andrej Tarkovskij, mia madre è Sarah Connor. Onnivora di cinema, ho imparato a memoria IMDB. Vorrei vivere dentro “L’Eglise d’Auvers-sur-Oise” di Van Gogh, essere fotografata da Diane Arbus e scolpita da Canova. Vorrei che Hemingway scrivesse di me, che Hendrix mi dedicasse una canzone e che Renzo Piano mi intitolasse un grattacielo. Per quest’ultimo sono ancora in tempo.