Testaccio, cosa fare e cosa vedere nel rione nato dei “romani doc”
Quella del Testaccio è una zona unica, dalle atmosfere tipicamente romane, con i suoi locali che propongono l’autentica gastronomia e i suoi abitanti che hanno la Capitale nel sangue

Il nome di Testaccio, ventesimo rione di Roma, deriva dal cosiddetto “monte” (mons Testaceus). Si tratta di una collina artificiale alta 35 metri formata dai cocci (testae, in latino) e detriti vari, accumulatisi nel tempo come residuo dei trasporti che facevano capo al vicino porto di Ripa grande (Emporium). Una zona unica, dalle atmosfere tipicamente romane, con i suoi locali che propongono l’autentica gastronomia e i suoi abitanti che hanno la Capitale nel sangue.
Il Monte Testaccio
Da non perdere qui il Monte Testaccio, soprannominato anche Monte dei Cocci e visitabile previa prenotazione. La passeggiata, molto interessante, percorre il monte generato, sin dall’epoca romana, dall’accumulo delle cosiddette “testae”, ovvero le anfore, simbolo di Testaccio. Queste, una volta svuotate del contenuto presso il vicino Porto Fluviale, venivano depositate proprio lì, non potendo più essere riutilizzate.
Il Mattatoio e il Cimitero Acattolico
Da visitare anche il Mattatoio, oggi un grande spazio culturale e artistico gestito dall’Azienda Speciale Palaexpo, dove il moderno stile industrial si fonde con la storia e le origini operaie del quartiere. Imperdibile anche il Cimitero Acattolico, a due passi dalla Piramide Cestia e camminate tra le sue tombe monumentali. Qui riposano personaggi illustri come John Keats, Percy Bysshe Shelley, Gramsci e Andrea Camilleri.
La Caserma e il Mercato
Interessante anche la caserma dei Vigili del Fuoco Alberto De Jacobis: venne costruita fra il 1925 e il 1928 su progetto dell’architetto Vincenzo Fasolo ed inaugurata il 28 ottobre 1929, in occasione del settimo anniversario della marcia su Roma. Infine, tutte le mattine, c’è il Mercato Testaccio: una grande piazza coperta dove dedicarsi allo shopping, prevalentemente gastronomico, e al tempo libero.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.