Intervista ad Annaluce Aglietto: “Ho iniziato ammirando le illustrazioni delle fiabe in vinile”
Last Updated on 09/04/2020
Nei quadri di Annaluce Aglietto non c’è solo la natura, ma anche tanta umanità. E altro che “morti”, i suoi paesaggi sono vivissimi, mentre i soggetti sempre pronti per l’azione. O, altrimenti, “lanciati” verso dolci pensieri malinconici e sogni di un futuro neanche troppo lontano.

Nei quadri di Annaluce Aglietto non c’è solo la natura, ma anche tanta umanità. E altro che “morti”, i suoi paesaggi sono vivissimi, mentre i soggetti sempre pronti per l’azione. O, altrimenti, “lanciati” verso dolci pensieri malinconici e sogni di un futuro neanche troppo lontano. Accanto a loro, a mamme e bambini, una cornice che è più che contorno, perché luci e colori diventano protagonisti tanto quanto il resto.
Nei prossimi progetti dell’artista, dopo la collettiva presso SpazioCima, ovviamente, tanta pittura. Particolarmente utile per combattere la monotonia di questi giorni. A settembre, invece, l’attende una personale al Polo Museale di Gualdo Tadino, in provincia di Perugia. Mentre, nel breve periodo sarà impegnata nella coproduzione di un video-clip per una pop song.
Annaluce Aglietto, dopo il liceo artistico a Vercelli, si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dipartimento scenografia, e l’anno successivo è entrata nel Laboratorio di pittura del Teatro La Scala di Milano con una borsa di studio. Nel frattempo ha anche frequentato i corsi serali guidati dai pittori Renzo Roncarolo e Giovanni Soccol.
La sua avventura romana è partita soltanto qualche anno dopo, quando ha iniziato a lavorare nella progettazione scenografica. Firmando due film per la televisione con la regia di Stefano Reali e una trentina di spettacoli teatrali. E collaborando, tra l’altro, come assistente e disegnatrice per produzioni cinematografiche, studi televisivi e spettacoli teatrali.
Abbiamo contattato Annaluce Aglietto per proporle cinque domande. Per andare oltre la bellezza dei suoi quadri, per coglierne anche il non detto…
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Cosa è l’arte per te?
L’arte mi è sempre stata familiare. Sono moltissimi i momenti in cui mi sono sentita rapita davanti ad opere d’arte, fin da piccola. Difficile focalizzare un momento preciso. Ricordo che mi incantava la Madonna con bambino sul letto dei miei genitori, una riproduzione fotografica dell’opera di Raffaello. Ma così anche altri quadri e riproduzioni presenti in casa. Oppure opere viste nei pochi viaggi fatti con la famiglia. Ricordo anche le fiabe illustrate con disco in vinile, 45 giri, di Fratelli Fabbri Editore: quelle figure erano per me straordinarie;. Solo anni dopo ho realizzato che vennero disegnate da maestri e che molto era stato ripreso dalla pittura classica, fantastico.
Come “agisce”, secondo te, l’arte?
Mi viene da dire che quello con l’arte è “un insolito incontro”, capace di emozionare e di parlare all’anima delle persone che ne fruiscono contemplandola. Come uno specchio della vita ma capace di restituirne un’immagine diversa, rivisitata, dunque sempre insolita.
Chi sono i soggetti dei tuoi quadri e come li scegli?
Prediligo donne giovani o bambini ed adolescenti perché le sento piene di una energia ancora in evoluzione. E anche animali. Soprattutto selvaggi, fieri, liberi. Immagini che vedo su riviste o che fotografo per strada e le cui pose replico con le mie modelle, persone conosciute e per cui ho molta simpatia. Sento come urgenza personale quella di produrre immagini che definirei “amiche”, più che di impatto. Mi affascinano le pose vigili, immerse nei pensieri, ma quasi pronte ad un’azione successiva.
Ci sono luoghi e paesaggi che ti ispirano particolarmente?
Prevalentemente l’acqua, da quella movimentata dei ruscelli a quella specchiante dei laghi. Fino al mare. La natura incontaminata con tutte le sue varianti. Mi piace immergere i miei soggetti in atmosfere rarefatte, un po’ inventate e ariose.
Tre opere (tue) a cui sei più affezionata e perché.
“Echi” è un quadro in cui mi rispecchio molto: i colori, la brezza che lo attraversa sia nella parte a colori che nella corsa del ragazzo. “Corsa in discesa”, per il movimento della corsa lieve, la dolcezza e la pienezza del color pervinca. “Gita in montagna” per la composizione e la sensazione di misterioso incontro dell’uomo con la natura.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.