“In Sicilia, un’estate”, il libro di Massimo Polimenti: la recensione
Last Updated on 15/05/2019
Edito da Nulla Die, “In Sicilia, un’estate” è il libro di debutto di Massimo Polimeni. Catanese di nascita e romano d’adozione, l’autore ha girato il mondo come dirigente d’azienda e sembra raccontare un eterno ritorno alla terra natia, un sentimento condiviso con quanti sono stati costretti a lasciarla per lavoro ma che in fondo non se ne sono mai andati.
UN LIBRO “SUMMA” – In questo senso quello di Polimeni è un libro “summa”, che espone un lavorio interiore tessuto nel tempo e vissuto sulla propria pelle. Sarebbe troppo facile rintracciare nel testo una vena autobiografica, ma finiremmo per sminuirlo. Finiremo per perdere la cura con cui ogni parola è stata soppesata, pensata, scritta e modificata. Finiremo per perdere l’equilibrio di una scrittura pulita, misurata, talvolta didascalica quando descrive concetti o situazioni tipiche incontrate lungo il proprio percorso professionale, ma assolutamente godibile e capace di intrattenere il lettore sino alla fine.
Una scrittura che, prima di accoglierlo, sembra chiedere a chi legge il permesso di entrare, tanto che l’incipit – ad una lettura superficiale – potrebbe sembrare poco incisivo: in realtà è indicativo soltanto di buone maniere narrative. Polimeni è uno scrittore gentiluomo, che parte piano ma che alla fine arriva a destinazione, un approdo saldo, come la sapienza impiegata per tessere le sue storie.

In Sicilia, un’estate: Sicilia, luogo dell’anima
Storie, molteplici, perché all’interno del romanzo fluiscono parallele più situazioni tutte legate al protagonista e tutte in grado di vivere una vita propria, per una coralità appena accennata, che risulta gradevole perché educata. Nel libro è presente anche una vena noir, ma si tratta di una sfumatura, una spezia che se troppo esaltata rischia di far passare in secondo piano gli altri ingredienti di una ricetta assolutamente gustosa. Teatro di tutto ciò è la Sicilia, vissuta come un luogo dell’anima, ma descritta con merito, senza la piaggeria oleografica di tante produzioni di genere.
COME UNA CANZONE DI BATTIATO – La Sicilia è la terra del ritorno, il ritorno alle proprie origini, ad un modo di vivere più consono, alle radici della propria essenza. Il ritorno è un rito di passaggio che investe ogni personaggio del libro, anche chi quest’isola non l’ha mai lasciata o la visita per la prima volta. Il ritorno in Sicilia è la metafora di un autodafè personale che non lascia immune nessuno, sia che si parli di protagonisti o comprimari, e sembra echeggiare una canzone di Franco Battiato magari scritta da Manlio Sgalambro, non a caso una coppia di siciliani. È una dimensione in cui ogni personaggio vive un trapasso ed approda ad una nuova profondità interiore, un punto di partenza, lasciando l’isola per nuove mete, con la consapevolezza di portarla sempre dentro di sé. O decidendo di rimanere per sempre. Perché in Sicilia o altrove, la vita va avanti e merita sempre di essere vissuta.
“In Sicilia, un’estate” è un bel libro da leggere in viaggio, magari in aeroplano. È anche un buon antidoto alla calura estiva, ma non è un tomo da ombrellone, merita piuttosto d’essere letto di sera in terrazza o in giardino, al mare o in campagna, perché in fondo ogni posto è quello giusto per imparare ed iniziare a prendersi cura di se stessi.
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Classe 1977, consulente di comunicazione. Vivo fra Roma e l’Umbria. Prima e dopo la laurea sono passato per varie reincarnazioni: sarto, guerrilla marketer, responsabile ufficio stampa nel settore del trasporto aereo, ghost writer. Mi occupo dello sviluppo di progetti editoriali e organizzo festival letterari. Leggo libri, da scrittore sospeso ne scrivo recensioni.
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