Kronos e Kairos, da oggi l’arte contemporanea al Palatino
Parte stasera la mostra Kronos e Kairos, che rinnova l’appuntamento con l’arte contemporanea nei monumentali spazi del Palatino, fino al 3 novembre

Parte stasera la mostra Kronos e Kairos, che rinnova l’appuntamento con l’arte contemporanea nei monumentali spazi del Palatino, fino al 3 novembre.
Il percorso espositivo tra qualità e quantità
Se Kronos è il tempo che scorre, Kairos è il momento opportuno, quello in cui qualcosa di particolare accade. Questa doppia definizione crea un legame, ma anche una contrapposizione, tra il tempo come quantità, Kronos, e il tempo come qualità, Kairos, lungo il corso di una dimensione storica, narrata sul Palatino, attraverso le 15 opere di altrettanti artisti italiani e internazionali.
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I 15 artisti in mostra
Equilibrio, relazione tra storia e natura, memoria e sedimentazione sono i temi che legano i 15 artisti in mostra. Parliamo di Nina Beier, Catherine Biocca, Fabrizio Cotognini, Dario D’Aronco, Rä di Martino. Jimmie Durham, Kasia Fudakowski, Giuseppe Gabellone, Hans Josephsohn. Oliver Laric, Cristina Lucas, Matt Mullican. Hans Op De Beeck, Giovanni Ozzola, Fernando Sánchez Castillo.
Il patrimonio storico romano dialoga con il contemporaneo
L’allestimento suggerisce una visione del contemporaneo che dialoga con il patrimonio storico, mostrando la continuità e la stratificazione che caratterizzano la ricchezza e l’unicità del Parco archeologico del Colosseo.
Le opere scelte, tra audiovisivi e installazioni, si combinano con gli scenari dei palazzi imperiali: dalle monumentali Arcate Severiane alla quiete dello Stadio Palatino, dal piacere estetico del peristilio inferiore della Domus Augustana fino alla spazialità della Sala dei Capitelli.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.