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Marco Giacobbe: “Approfondendo l’arte si scopre il senso della vita”

Genovese di nascita ma romano d’adozione, l’illustratore e artista Marco Giacobbe, alla vigilia dei suoi dieci anni di attività pittorica, risponde alle nostre cinque domande…

Genovese di nascita ma romano d’adozione, l’illustratore e artista Marco Giacobbe sta per festeggiare i suoi dieci anni di attività pittorica. Lo farà, appena l’allarme coronavirus rientrerà, con una personale sulla donna, come figura iconica e di riferimento. Su cui, però, ancora si può dire poco.

Marco , dopo aver collaborato anche con la Romero Britto Gallery di San Paolo del Brasile e con il D.U.M.B.O. Art Festival di New York, è diventato anche un “maestro”. Anche se non gli piace farsi chiamare così. E con il suo corso di disegno, presso la Galleria SpazioCima di Roma, sita nel quartiere Coppedè, dimostra ai suoi allievi competenza, passione e assoluta dedizione.

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Cinque domande a Marco Giacobbe, illustratore e artista

Cos’é l’arte per te?

Un mezzo formidabile, potentissimo, che deve disturbare chi sta comodamente seduto in salotto e dare conforto a chi, invece, disturbato lo è già. Non riesco a definirla Arte, fino a quando non intravedo nell’opera, qualunque essa sia, il potenziale per diventare un disastro. E’ condizione essenziale della vita umana.

Quale è stato il tuo primo approccio, seppur primordiale, con l’Arte?

A casa di mia nonna, dove passavo l’estate. Quando non scorazzavo in bici su una ruota, facendola disperare, adoravo stare in casa a leggere “I maestri del colore” e a riprodurne i capolavori, come può fare un ragazzino di 12 anni. Da allora non ho più smesso.

Oltre a dedicarti all’Arte tu l’insegni. Qual è il primo messaggio che vuoi trasmettere ai tuoi allievi?

Principalmente li invito ad esplorare quella parte di sé che meno conoscono. Li accompagno in una dimensione della mente dove riesco a far perdere loro la cognizione del tempo e dove li incoraggio ad affrontare le difficoltà di cui è pieno il percorso. Quindi li invito a superarle, con impegno e studio. Si può ribaltare su tutto. In fondo l’Arte non insegna altro che il senso della vita.

Quali consigli dai a chi si cimenta per la prima volta con la voglia di fare arte?

Consiglio di mantenere quella stessa voglia anche quando la strada si farà più ripida. Perché l’amore per quel che si accingono a fare li porterà a volare.

Tre opere, tra le tue, a cui sei più affezionato. Poi dimmi anche il perché.

Sono tutte mie creature, ed ognuna racconta una storia. Ma, senza far torto alle altre, scelgo queste.

Noi due è un’opera alla quale sono senz’altro legato. Ispirato dalla Santa Caterina di Caravaggio, completamente trasformata, ho ritratto intimamente due sorelle, a me care, che ora lo tengono esposta nella loro casa veneziana.
Le mie scarpe, sicuramente. Scandalose, le Amo!
Unfinished portrait. Un mio lavoro di quest’anno su carta paglia, che sempre mi attrae per i suoi contrasti caldi.

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