“Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta”, la mostra a Palazzo Barberini
Last Updated on 25/11/2021
A Palazzo Barberini di Roma dal 26 novembre 2021 al 27 marzo 2022 la mostra Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta. Violenza e seduzione nella pittura tra Cinquecento e Seicento, a cura di Maria Cristina Terzaghi. L’esposizione accende i riflettori sulla celeberrima tela di Caravaggio a settant’anni dalla sua riscoperta e a cinquanta dall’acquisizione da parte dello Stato Italiano.

Le Gallerie Nazionali di Arte Antica presentano dal 26 novembre 2021 al 27 marzo 2022 la mostra Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta. Violenza e seduzione nella pittura tra Cinquecento e Seicento, a cura di Maria Cristina Terzaghi. L’esposizione, ospitata nello spazio mostre di Palazzo Barberini, accende i riflettori sulla celeberrima tela di Caravaggio a settant’anni dalla sua riscoperta e a cinquanta dall’acquisizione da parte dello Stato Italiano.
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Pico Cellini riscoprì la Giuditta nel 1951
Tra le più famose e acclamate opere del Merisi, Pico Cellini, uno dei massimi restauratori del Novecento, riscoprì la Giuditta nel 1951. Il restauratore ricordò che da ragazzo aveva visto in un palazzo romano una tela raffigurante Giuditta e Oloferne attribuita ad Orazio Gentileschi, ricollegandola ora allo stile di Caravaggio. Cellini riuscì a ritrovare il dipinto presso il proprietario Vincenzo Coppi, a fotografarlo e a mostrarlo a Longhi. Questo all’istante chiese e ottenne la proroga della mostra per poterlo includere.
La tela, eseguita nel 1599 da Caravaggio, rimase a Roma fino a metà Ottocento
La tela, eseguita nel 1599 da Caravaggio per il banchiere ligure Ottavio Costa, scomparso nel 1639, rimase a Roma fino a metà Ottocento, quando passò di proprietà agli avi del Coppi, per poi entrare far parte, nel 1971, del patrimonio delle Gallerie Nazionali di Arte Antica. Gelosissimo dell’opera, il Costa ne proibì non solo l’alienazione, ma anche la riproduzione, motivo per cui non ne esistono copie seicentesche fedeli, una cosa rara nel catalogo di Caravaggio. Nonostante le cautele del proprietario, la rivoluzionaria composizione ideata dal Merisi riuscì comunque a circolare.
Le opere della mostra “Caravaggio e Artemisia”
In mostra 31 opere – quasi tutte di grande formato – provenienti da importanti istituzioni nazionali ed internazionali quali, fra le altre, la Galleria Corsini e Galleria Palatina di Firenze; il Museo del Prado e il Museo Thyssen di Madrid; le Gallerie d’Italia Palazzo Zevallos Stigliano, il Museo di Capodimonte di Napoli; la Galleria Borghese di Roma; il Kunsthistorisches Museum di Vienna; il Museo di Oslo.
Il percorso espositivo si snoda in quattro sezioni
Il percorso espositivo si snoda in quattro sezioni e si apre con Giuditta al bivio tra Maniera e Natura, una selezione di opere cinquecentesche che mostrano le prime avvisaglie di una nuova rappresentazione del tema, caratterizzata dalla violenza del momento scelto a rappresentare la storia dell’eroina biblica, come nei dipinti di Pierfrancesco Foschi, Lavinia Fontana, di Tintoretto e di un seguace di Bartholomeus Spranger.
La tela Giuditta che decapita Oloferne del Merisi, fulcro della seconda sezione
La tela Giuditta che decapita Oloferne del Merisi, fulcro della seconda sezione dedicata a Caravaggio e i suoi primi interpreti, inscena un vero e proprio omicidio mediante decapitazione, costituendo un momento di rottura con la tradizione e trovando un corrispettivo solo nella coeva produzione di rappresentazioni sacre e drammi teatrali.
La veemenza del delitto, che stride con l’assorta e sensuale bellezza di Giuditta, sarà motivo di ispirazione e reinterpretazione dell’episodio biblico. In questa sezione sono esposte le opere dei primi che poterono avere in qualche modo notizia della tela: Trophime Bigot, Valentin de Boulogne, Louis Finson, Bartolomeo Mendozzi, Giuseppe Vermiglio e Filippo Vitale si ispirano al dipinto di Caravaggio nel formato orizzontale, con le figure di tre quarti al naturale, nella violenza dei gesti e nella rappresentazione dello strazio di Oloferne.
La terza sezione, Artemisia Gentileschi e il teatro di Giuditta
Ci volle però una donna per calarsi completamente nei panni dell’eroina biblica. La massima interprete del soggetto è stata, senza dubbio, Artemisia Gentileschi, cui è intitolata la terza sezione Artemisia Gentileschi e il teatro di Giuditta. Artemisia, insieme al padre Orazio, si cimentò più volte con il tema, comprendendone le potenzialità in relazione alla rappresentazione della figura femminile come donna forte, ed exemplum virtutis, ed il tema, grazie al suo lavoro, diventerà un genere richiestissimo nelle corti europee. In mostra, oltre ai capolavori dei due Gentileschi, troviamo le opere di Giovanni Baglione, Johan Liss, Bartolomeo Manfredi, Pietro Novelli, Mattia Preti, Giuseppe Vermiglio e del raro Biagio Manzoni, una delle novità della mostra.
La quarta e ultima sezione, Le virtù di Giuditta. Giuditta e Davide, Giuditta e Salomé
La quarta e ultima sezione, Le virtù di Giuditta. Giuditta e Davide, Giuditta e Salomé è dedicata al confronto tra il tema di Giuditta e Oloferne e quello di Davide e Golia, accomunati dalla lettura allegorica della vittoria della virtù, dell’astuzia e della giovinezza sulla forza bruta del tiranno che finisce decapitato. La decapitazione è alla base anche del testo evangelico del martirio di Giovanni Battista, e il tema di Salomé è spesso confuso nella raffigurazione pittorica con quello di Giuditta. In mostra le opere di Valentin de Boulogne, della bottega di Giovanni Bilivert e di Francesco Rustici.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.