Arctic Tales, in mostra i reportage sull’Artico di Valentina Tamborra
Al Museo di Roma in Trastevere la mostra Arctic Tales, dal 27 maggio al 4 settembre 2022, con 50 immagini fotografiche della milanese Valentina Tamborra, frutto di due reportage sull’Artico nati dalla sua residenza: Skrei – Il Viaggio e Mi Tular – Io sono il confine

Al Museo di Roma in Trastevere la mostra Arctic Tales, dal 27 maggio al 4 settembre 2022, con 50 immagini fotografiche realizzate tra il 2018 e il 2019 dalla fotografa milanese Valentina Tamborra. Queste sono frutto di due reportage sull’Artico nati dalla sua residenza: Skrei – Il Viaggio e Mi Tular – Io sono il confine.
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Skrei – Il Viaggio
Il primo, Skrei – Il Viaggio, prende il nome da un’antica espressione vichinga å skrida che significa viaggiare, migrare, muoversi in avanti. Ma soprattutto è un viaggio fotografico per evidenziare il legame tra Italia e Norvegia. Infatti, il viaggio di Valentina Tamborra inizia nella Biblioteca Apostolica Vaticana di Roma e quindi nella Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. Qui sono conservate le testimonianze dell’avventurosa navigazione di Pietro Querini nel 1432, sopravvissuto al naufragio della sua nave, alle isole Lofoten e soccorso dai pescatori locali dai quali apprende i metodi di conservazione del merluzzo, che esporta a Venezia al suo ritorno.
Mi Tular – Io sono il confine
Con Mi Tular – Io sono il confine Valentina Tamborra si sposta nelle Isole Svalbard. Un lembo di terra ghiacciata incastonato nel Mar Glaciale Artico, dove orsi polari e persone si contendono un confine invisibile. La parola Tular, che in antico etrusco significa Io sono il confine, riporta alla mente il mito dell’Ultima Thule, l’ultima isola al di là del mondo conosciuto.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.