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Il dipinto del 1450 – La Flagellazione di Cristo, capolavoro di Piero della Francesca

La Flagellazione di Cristo è un dipinto realizzato da Piero della Francesca intorno al 1450 circa, attualmente conservato nella Galleria Nazionale delle Marche di Urbino. La tavola raffigura la scena della Flagellazione di Cristo, un tema insolito come opera indipendente

La Flagellazione di Cristo è un dipinto realizzato da Piero della Francesca intorno al 1450 circa, con dimensioni di 58,4×81,5 cm, e attualmente conservato nella Galleria Nazionale delle Marche di Urbino. La tavola raffigura la scena della Flagellazione di Cristo, un tema insolito come opera indipendente, poiché generalmente fa parte di predelle o cicli di storie della Passione o della Vita di Gesù.

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Analisi dell’opera

L’opera presenta una composizione originale e distintiva. La scena è divisa in due parti: a destra, in primo piano, ci sono tre figure, mentre a sinistra, più distante, si svolge la flagellazione vera e propria. Due colonne in primo piano incorniciano la scena e separano le due parti dell’opera, ciascuna con una concezione e illuminazione differente. La disposizione delle due aree rettangolari sembra seguire la proporzione aurea. Le tre figure a destra mostrano un giovane biondo vestito di rosso, un uomo maturo barbuto con un cappello alla bizantina e un terzo uomo anziano indossante un sontuoso abito di broccato azzurro e oro.

Le due scene del dipinto

La parte sinistra del dipinto è ambientata in un edificio aperto, sostenuto da colonne scanalate di stile classico, con un elaborato sistema di travi e lacunari decorati da rosette. Sotto la “campata” centrale della fila di destra si svolge la scena della flagellazione, con Cristo alla colonna e due individui che lo martoriano. Sulla colonna è presente una statua dorata. Dietro la scena della flagellazione, ci sono due portali, uno chiuso con un portone e uno aperto che mostra una scalinata con balaustra.

La genesi dell’opera

La commissione originale del dipinto e la sua destinazione sono sconosciute, ma fu tradizionalmente ricordato come un dono del Duca Federico da Montefeltro. Non è citato negli inventari di Palazzo Ducale e non è entrato nell’eredità roveresca. L’opera è stata registrata in un inventario settecentesco del Duomo di Urbino.

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