“Frankestein, il racconto del mostro” al Brancaccino: la recensione
Last Updated on 09/05/2019
Un monologo che restituisce tutta la straziante solitudine del mostro, in una scena dominata dalla presenza e dalla voce di Elio De Capitani e animata dai disegni di Ferdinando Bruni
Un monologo che restituisce tutta la straziante solitudine del mostro, in una scena dominata dalla presenza e dalla voce di Elio De Capitani e animata dai disegni di Ferdinando Bruni. Frankenstein, il racconto del mostro, una produzione del Teatro dell’Elfo, dà il via al progetto Gothika che riunisce tre monologhi, ovvero “tre passi nel delirio” fino al 3 marzo al Teatro Brancaccino di Roma. La rassegna prosegue al Brancaccino sino al 17 marzo con Una serie di stravaganti vicende e Il Fantasma di Canterville.

La trama di Frankestein, il racconto del mostro
Elio De Capitani si fa portavoce attraverso il primo dei racconti della trilogia del delirio, di un appena nato Frankenstein. La lettura interpretata di questo monologo porta a conoscenze lo spettatore dei fatti più intimi della mente del “mostro”. Come un bambino appena nato scopre i sensi, la fame, il fuoco che da calore e brucia allo stesso tempo. Scopre l’essere umano nelle sue forme così differenti ma belle, i sentimenti e le donne che gli appaiono come un fardello irraggiungibile.
Il nostro commento
Come potrebbe un mostro avvicinare una creatura come quella? Come si può vivere nel mondo camminando in solitudine per sempre. Un essere non accettato, un mostro, ma in grado di amare. Ma chi è veramente il mostro reale, la famosa creatura o l’uomo stesso che non è in grado di accettare la sola vista di una storpiatura d’essere umano? La creatura inventata da Mary Shelley, grazie alla voce di Capitani, racconta il dolore e le ferite della diversità, l’esclusione da un mondo che oramai guardiamo appena.
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Ricapitolando…
Tratto da Frankeinstein, ovvero il Prometeo moderno di Mary Shelley. Disegni di Ferdinando Bruni. Voce del dottor Frankenstein Ferdinando Bruni, luci Nando Frigerio, suono Gionata Bettini, assistente alla regia Alessandro Frigerio. Produzione Teatro dell’Elfo.
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Siciliana, anno 1984 . Ho sempre fatto qualcosa inerente l’arte. Danza fino a 20 anni per poi innamorarmi del canto e della recitazione. Ho frequentato l’istituto d’arte della mia città, diventando decoratrice pittorica. Mi specializzo nelle arti performative frequentando una scuola di musical, un’accademia di recitazione. Infine conseguo la laurea alla Sapienza, sempre in teatro. Attualmente sono un’attrice, cantante e regista teatrale; ma non si sa mai! Non si smette mai di imparare, mai.