#andratuttobene – Trastevere, alla scoperta di San Francesco a Ripa
In prossimità dell’antico porto soppresso di Ripa Grande, l’edificio sacro di San Francesco a Ripa annovera tra le sue bellezze un’opera di Gian Lorenzo Bernini.

In prossimità dell’antico porto soppresso di Ripa Grande, l’edificio sacro di San Francesco a Ripa annovera tra le sue bellezze un’opera di Gian Lorenzo Bernini.
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La storia di San Francesco a Ripa
L’attuale chiesa sorge al posto di un ospedale finalizzato alla cura degli indigenti del X sec., dedicato a S. Biagio. Esso ospitò, per interessamento di Giacoma de Settesoli, anche S. Francesco d’Assisi, quando venne a fare visita al Pontefice nel 1209 e nel 1223. La stessa Giacoma si adoperò per il restauro del 1229. Il complesso, donato all’Ordine dei Frati Minori, divenne presto il più attivo centro della devozione francescana romana.
Nel corso del 1500 si pensò ad un rifacimento della struttura, progetto affidato a Baldassare Peruzzi, incompiuto per via delle spese molto onerose. Fu solo nel 1603 che iniziarono i lavori, a capo di Onorio Longhi, a partire dal coro per poi estendersi al transetto e alle navate. Interventi sull’aula (abbattuta e ricostruita completamente) si ebbero nel 1681, grazie ai finanziamenti del cardinale Lazzaro Pallavicino, qui sepolto. L’architetto fu, in questo caso, Mattia De Rossi. Nel 1701, al fine di questi interventi, la chiesa venne consacrata dal cardinale Sperello Sperelli. Nel corso dello stesso secolo si successero ulteriori modifiche.
La descrizione della chiesa
Esternamente, S. Francesco a Ripa ha un prospetto settecentesco a salienti. La caratterizzano due ordini di lesene, alti cornicioni, due volute a coronamento delle navate laterali e un timpano semicircolare sulla navata centrale. Un campanile a vela a un fornice, del 1734, sostituisce quello originario, di epoca medievale.
Internamente, essa presenta a croce latina, con transetto non sporgente. Le tre navate hanno volte a crociera. Tra l’incrocio della navata centrale e il transetto si apre una cupola, senza tamburo e lanterna, non visibile da fuori. L’altare maggiore, in stile barocco, spicca per i marmi policromi. Al centro di esso capeggia una statua di S. Francesco, opera attribuita a Fra Diego da Careri, di datazione anteriore al 1588.
La cappella dedicata ai santi Pietro d’Alcantara e Pasquale Baylòn
Interessante, all’altezza del braccio destro del transetto, la cappella dedicata ai santi Pietro d’Alcantara e Pasquale Baylòn, patronato della famiglia Pallavicini Rospigliosi, il cui impianto ornamentale marmoreo è ricondotto a Nicola Michetti e Ludovico Rusconi Sassi ed è databile al 1710 – 1725. Il primo, inoltre, esegue anche il monumento funebre di Stefano e Lazzaro Pallavicini (1713) sulla parete di sinistra (con le pregevoli statue della Fortezza e della Giustizia di Giuseppe Mazzuoli) e quello di Maria Camilla e Giovanbattista Pallavicini (del 1714-1719, sulla parete di destra, con le statue di Carità e Prudenza, dello stesso autore). Gli stucchi della volta sono attribuiti a Tommaso o Giuseppe Chiari, cui si deve anche la pala d’altare raffigurante i santi titolari della cappella.
Nella prima cappella della navata sinistra si segnala la bella pala d’altare del fiammingo Marteen De Vos, entrato in contatto con Tintoretto. Si tratta di una Immacolata Concezione, tela dall’apprezzabile equilibrio compositivo, realizzata con colori luminosi.
Il capolavoro di S. Francesco a Ripa: la beata Ludovica Albertoni
La cappella Paluzzi Albertoni (1625), invece, ricavata dal braccio sinistro del transetto, è riconducibile a Giacomo Mola e ospita un capolavoro di Gian Lorenzo Bernini, la beata Ludovica Albertoni. Essa fu eseguita dal celebre scultore tra il 1671 e il 1675 per il cardinale Angelo Paluzzi Altieri, nipote di Clemente X. Il simulacro è adagiato su un prezioso drappo di diaspro, le cui cromie contrastano con il candore del marmo impiegato per la realizzazione del corpo muliebre, con mirabili effetti pittorici. Pienamente rispondente all’esigenza tutta barocca di stupire e coinvolgere lo spettatore, la donna è rappresentata in un abbandono mistico – carnale: la testa rovesciata all’indietro è sintomatica dell’agonia della morte, mentre le mani al petto indicano l’imminente ricongiungimento con Dio.
La suggestione della scena è dovuta principalmente al ruolo attivo giocato dalla luce: fu Bernini stesso a far arretrare la parete di fondo della cappella, per consentire l’apertura di due finestre laterali nascoste. In tal modo la beata sembra illuminata da una luce sovrannaturale che indugia tra le pieghe virtuosistiche dell’elaborato panneggio, creando un gioco d’ombre unico. Dei cherubini assistono, come in una rappresentazione teatrale, alla scena. La bellezza dell’opera è stata sublimata dal recentissimo restauro.
Pala d’altare della cappella è La Madonna con Bambino e Sant’Anna del Baciccio, risalente al 1675.
Le curiosità
Merita di essere menzionata la presenza della tomba di Giorgio De Chirico (1888-1978), benefattore dei Frati Minori e a loro molto legato. Le sue spoglie furono traslate qui dal cimitero del Verano nel 1992. Sul marmo della tomba appare la scritta: “GIORGIO DE CHIRICO PICTOR OPTIMUS”. Vi sono poi tre quadri dell’artista donati dalla vedova Isabella Pakszwer: sulla parete destra Autoritratto del pittore, su quella sinistra Ritratto della moglie Isa, chiamato anche Donna velata, sulla rete dietro i cancelletti di ingresso Caduta di Cristo sotto il peso della Croce.
L’edificio conserva inoltre le spoglie di San Carlo da Sezze, che morì qui nel 1670. I suoi resti sono tutt’ora visibili nella cappella a lui dedicata, sulla navata sinistra.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.