Francesco Murano: “Per Caravaggio, causa covid, un’installazione luci a distanza”
Francesco Murano è tra i più richiesti progettisti italiani d’illuminazione al servizio dell’arte, nonché l’autore delle luci delle più importanti esposizioni in Italia. “I miei collaboratori hanno lavorato da Roma mentre li monitoravo sul computer da Como”, racconta Murano.

Prosegue, nelle sale espositive di Palazzo Caffarelli – Musei Capitolini, la mostra curata da Maria Cristina Bandera “Il tempo di Caravaggio. Capolavori della collezione di Roberto Longhi”. La pittura di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, e della sua cerchia rappresenta infatti la centralità delle ricerche di Roberto Longhi, una delle personalità più affascinanti della storia dell’arte del XX secolo, di cui ricorre nel 2020 il cinquantenario della scomparsa. L’architetto delle luci della mostra è invece Francesco Murano, tra i più richiesti progettisti italiani d’illuminazione al servizio dell’arte, autore delle luci delle più importanti esposizioni in Italia. A Roma aveva precedentemente curato anche le luci della mostra Canova. Eterna bellezza a Palazzo Braschi e Impressionisti segreti a Palazzo Bonaparte.
L’architetto delle luci della mostra è Francesco Murano, tra i più richiesti progettisti italiani d’illuminazione al servizio dell’arte
Per questi “caravaggeschi” l’artista/architetto delle luci, come è stato definito nel settore, ha illuminato “le opere con una luce calda, circoscritta ai dipinti”, spiega. Sebbene lui, in generale, preferisca sorgenti led perché di lunga durata, in questo caso ha puntato “su lampadine dicroiche ad incandescenza, le uniche che potevano essere impiegate sugli apparecchi presenti al Museo”. Tante le difficoltà riscontrate, a partire proprio dalla pandemia. Senza considerare che con i dipinti ad olio e le tonalità scure i riflessi sono sempre in agguato.
“L’opera che ha richiesto più lavoro è stata il “Ragazzo morso da un ramarro”
“L’opera che ha richiesto più lavoro – dichiara Francesco Murano – è stata il “Ragazzo morso da un ramarro”, sia per importanza del dipinto che per la difficoltà di illuminare senza riflessi una pittura ad olio su tela. In questo caso ho utilizzato due apparecchi speciali, detti sagomatori, impiegati per riquadrare l’opera e l’intorno con temperatura di colore differente. Un apparecchio a luce calda per il dipinto ed uno a luce fredda per la parete sulla quale l’opera stessa è stata collocata. Questa tecnica, molto particolare, permette di esaltare la cromia dei dipinti”.
L’installazione ai tempi del Covid
Per l’apertura della mostra i lavori sono stati effettuati durante il recente lockdown. Questo ha comportato un’organizzazione straordinaria, a distanza, mai realizzata finora. “I miei collaboratori, Doddo Arnaldi e Maurizio Gigante, hanno lavorato da Roma mentre li monitoravo sul computer da Como e solo dopo la riapertura delle frontiere regionali ho potuto perfezionare personalmente le luci ed illuminare direttamente il Caravaggio”, spiega Murano. “Devo però dire che la pluridecennale frequentazione maturata con i miei collaboratori ha permesso di risolvere anche a distanza i problemi che si presentavano di volta in volta, e comunque, prima dell’apertura della mostra, ho ricontrollato sul posto tutte le luci ed eseguito personalmente i puntamenti sull’opera del Caravaggio”.
Chi è Francesco Murano
Francesco Murano è docente della Scuola di Design, nonché membro del laboratorio “Luce e colore” del Politecnico di Milano. Architetto, ha conseguito un master presso la Domus Academy, poi un dottorato di ricerca in disegno industriale con una tesi di laurea dal titolo “Le figure della Luce”. Ha svolto ricerche accademiche, scientifiche, programmi e attività di progettazione per importanti industrie italiane ed estere. Concentrandosi sulla progettazione illuminotecnica e illuminando molte delle più importanti mostre d’arte in Italia e all’estero.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.