Le fotografie di Jacques Henri Lartigue a WeGil di Roma
Sino al 9 gennaio 2022, il WeGil di Roma, hub culturale della Regione Lazio a Trastevere, ospita L’invenzione della felicità. Fotografie la mostra dedicata al fotografo francese Jacques Henri Lartigue (1894-1986), già accolta con grande successo a Venezia e Milano.

Sino al 9 gennaio 2022, il WeGil di Roma, hub culturale della Regione Lazio a Trastevere, ospita L’invenzione della felicità. Fotografie la mostra dedicata al fotografo francese Jacques Henri Lartigue (1894-1986), già accolta con grande successo a Venezia e Milano.
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Le foto in mostra
L’invenzione della felicità. Fotografie è la più ampia retrospettiva mai realizzata in Italia, curata da Marion Perceval e Charles-Antoine Revol. L’esposizione raccoglie 120 immagini, di cui 55 inedite, tutte provenienti dagli album fotografici personali di Lartigue, dei quali sono esposte alcune pagine in fac-simile. A queste si aggiungono alcuni materiali d’archivio, libri quali il Diary of a Century (pubblicato con il titolo “Instants de ma vie” in francese) e riviste dell’epoca.
Questi documenti ripercorrono la sua intera carriera, dagli esordi dei primi anni del ‘900 fino agli anni ‘80. E ricostruiscono la storia di questo fotografo e la sua riscoperta. Il 1963 è in tale contesto un anno cruciale: John Szarkowski, da poco nominato direttore del dipartimento di fotografia del MoMa espone i suoi lavori al Museo newyorkese. Un’occasione che gli permise di raggiungere il successo quando è vicino ormai ai settant’anni.
Focus sui principali momenti di riscoperta dell’opera di Lartigue
Il percorso segue un ordine cronologico affiancato da focus sui principali momenti di riscoperta dell’opera di Lartigue, a cominciare dalla rassegna del museo newyorkese, durante la quale sono presentati i suoi primi scatti precedenti la prima guerra mondiale, e che fanno di lui l’enfant prodige della fotografia. Ispirato dai giornali e dalle riviste illustrate di quest’epoca, Lartigue s’interessa alla ricca borghesia parigina che si ritrovava ai Gran premi automobilistici, alle corse ippiche di Auteuil. Oltre che agli uomini e alle donne eleganti che le frequentavano.
“La fotografia diventa per Lartigue il mezzo per riesumare la vita, per rivivere i momenti felici, ancora e ancora”.
“La ‘parte di mondo’ di Lartigue – scrive Denis Curti nel suo testo in catalogo – è quella di una Parigi ricca e borghese del nouveau siècle, e anche quando l’Europa verrà attraversata dagli orrori delle due guerre mondiali, Lartigue continuerà a preservare la purezza del suo microcosmo fotografico, continuando a fissare sulla pellicola solo ciò che vuole ricordare, conservare. Fermare il tempo, salvare l’attimo dal suo inevitabile passaggio. La fotografia diventa per Lartigue il mezzo per riesumare la vita, per rivivere i momenti felici, ancora e ancora”.
Verso la fine degli anni ‘60, Lartigue incontra Richard Avedon e Hiro, due tra i più influenti fotografi di moda
Verso la fine degli anni ‘60, Lartigue incontra Richard Avedon e Hiro, due tra i più influenti fotografi di moda di allora, che si appassionano immediatamente alla sua arte. Avedon, in particolare, gli propone presto di realizzare un lavoro che prenda la forma di un ‘giornale’ fotografico, mostrando un po’ di più degli archivi di Lartigue. Aiutato da Bea Feitler, l’allora direttrice artistica di Harper’s Bazaar, pubblicano nel 1970 il Diary of a Century che lo consacra definitivamente tra i grandi della fotografia del XX secolo.
Tuttavia, Lartigue non è più da tempo il fotografo amatoriale di inizio secolo. Dagli anni ‘40 pubblica le sue fotografie su riviste, combinando i suoi incontri mondani e le inquadrature ricercate. Dopo l’approfondimento del periodo della sua riscoperta, le ultime sezioni si concentrano sugli anni ‘70 e ‘80. Questi sono segnati dalle collaborazioni con il mondo del cinema, dove lavora come fotografo di scena per numerosi film, e della moda. L’occhio di Lartigue, tuttavia, non riuscì mai ad allontanarsi dalla vita di tutti i giorni, immortalando sempre molti dettagli curiosi e carichi d’ironia.
Spazio anche alle memorie che Lartigue scrisse negli anni ‘60 e ‘70
Un interessante focus è inoltre riservato alle memorie che Lartigue scrisse negli anni ‘60 e ‘70, quando inizia a ricomporre i suoi album nei quali aveva raccolto tutti i suoi scatti. La mostra è accompagnata dal catalogo bilingue Marsilio Editori, con i saggi di Marion Perceval, Denis Curti e un’inedita testimonianza di Ferdinando Scianna che ha conosciuto il fotografo.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.