I capolavori di Roma, la Statua del Galata morente dei Musei Capitolini
Last Updated on 06/07/2023
La statua, rinvenuta nel 1622 nell’area degli antichi Horti di Cesare, rappresenta un’eccellente replica di una delle sculture che componevano il monumento che Attalo I, re di Pergamo, aveva dedicato ad Atena Poliade in occasione delle sue vittorie sui Galati

Il Galata morente è uno dei grandi capolavori di Roma, oggi ubicata nella Sala del Gladiatore dei Musei Capitolini. La statua, rinvenuta nel 1622 nell’area degli antichi Horti di Cesare, poi di Sallustio, rappresenta un’eccellente replica di una delle sculture che componevano il monumento che Attalo I (241-197 a.C.), re di Pergamo, aveva dedicato ad Atena Poliade in occasione delle sue vittorie sui Galati.
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L’identità dell’artista e la testimonianza del 1623
Non si conosce esattamente l’identità dell’artista che realizzò l’opera: potrebbe trattarsi di Epigono, lo scultore di corte della dinastia dei sovrani di Pergamo. La versione capitolina venne scoperta all’inizio del XVII secolo, durante gli scavi di Villa Ludovisi. La prima testimonianza del ritrovamento (1622) risale al 1623, quando l’opera venne registrata quale parte della collezione della potente famiglia romana.
Analisi dell’opera
Il Galata morente giace nudo, semisdraiato sul proprio scudo, sostenendo il corpo sofferente con la mano destra poggiata a terra e con il volto verso il basso. La mano sinistra è abbandonata sulla gamba destra, piegata e con il piede posto sotto la gamba sinistra quasi completamente distesa. Sul torace, dalla ferita sgorga il sangue. La figura è etnicamente caratterizzata dai baffi, dai capelli scomposti in lunghe ciocche ispide e dal torques, tipico ornamento dei Galli. Anche lo scudo ovale è una tipica arma celtica; sulla base è raffigurata anche la tromba ricurva, il cornu.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.