Era l’8 aprile 1820: come e da chi fu scoperta la Venere di Milo
L’8 aprile 1820 segna un momento epocale per il mondo dell’arte: la Venere di Milo, una delle più celebri sculture dell’antica Grecia, viene riportata alla luce durante la restaurazione del potere monarchico in Francia
L‘8 aprile 1820 segna un momento epocale per il mondo dell’arte: la Venere di Milo, una delle più celebri sculture dell’antica Grecia, viene riportata alla luce durante la restaurazione del potere monarchico in Francia, in seguito alla caduta del regime napoleonico.
A scoprirla fu il contadino Yorgos Kentrotas
Il contadino Yorgos Kentrotas, residente sull’isola di Milo, si trova casualmente a scavare nel terreno della sua abitazione quando il destino fa emergere un frammento di storia millenaria: un busto di marmo senza braccia. Ma la fortuna vuole che in quei giorni si trovasse anche sul posto Olivier Voutier, un giovane ufficiale della marina francese con una passione per l’archeologia.
Il fantastico reperto finisce nelle mani di Luigi XVIII
Voutier, attratto dalla scena, si avvicina e resta incantato dalla bellezza della scoperta. Deciso a custodire questo tesoro, acquista la statua dal contadino. Il destino della Venere di Milo, tuttavia, è destinato a diventare ancora più straordinario: il fantastico reperto finisce nelle mani di Luigi XVIII, che lo dona al Museo del Louvre, dove è esposto tutt’oggi.
La Venere di Milo, conosciuta anche come Afrodite di Milo, è un capolavoro scultoreo senza tempo
La Venere di Milo, conosciuta anche come Afrodite di Milo, è un capolavoro scultoreo senza tempo. Alta circa 2 metri e realizzata in marmo pario, raffigura la dea dell’amore e della bellezza con il busto nudo, avvolta da una tunica morbida che le scende dalla vita. I suoi capelli raccolti e lo sguardo malinconico conferiscono all’opera un’aura di mistero e fascino, mentre la torsione del corpo verso sinistra aggiunge movimento ed equilibrio alla composizione.
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Di origini salentine, vivo e lavoro a Roma dal 2005. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.
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