Il “Macbettu” di Alessandro Serra: la recensione
Last Updated on 09/05/2019
Lo spettacolo, in sardo barbagino con sopratitoli in italiano, andrà in scena presso il Teatro Argentina sino a domenica 5 maggio

La scena spoglia. Buia. Riecheggia il suono rombante e metallico di una battaglia che sta per finire. Dalle tenebre, emergono tre figure il cui sibilo vocale si insinua lentamente nell’udito. Ha inizio così la vicenda di Macbettu per la regia di Alessandro Serra, vincitore del premio Ubu 2017 come Miglior Spettacolo. Lo spettacolo, in sardo barbagino con sopratitoli in italiano, andrà in scena presso il Teatro Argentina sino a domenica 5 maggio. Durata, 90 minuti. Produzione Sardegna Teatro, Compagnia Teatropersona.
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La trama di Macbettu
Crudele, grottesco. La pièce si svolge su un palco vuoto, privo di elementi scenici, ma strabordante di sonorità che riportano lo spettatore direttamente nell’atmosfera sarda. Gli attori ( la compagnia è interamente maschile come all’epoca elisabettiana) ricreano gli ambienti evocando la terra arida, secca e polverosa caratteristica di alcune zone della Sardegna, regione che collima perfettamente con la Scozia descritta dal Bardo nella stesura del classico teatrale.
La lingua sarda è un veicolo sonoro interessante e acutamente utilizzato dagli interpreti, ricca di sfumature primordiali. Il sardo diventa una base solida per il pensiero guida dei personaggi, i quali emergono inesorabilmente dal buio inverno che prende forma sulla scena. Una vocalità tagliente e melodica ma allo stesso tempo, aspra e rude. Determinante per definire il cardine della vicenda: i conflitti interni dei personaggi che, nella follia dei loro atti, danno il via all’azione e a ciò che ne consegue, senza possibilità di arresto.
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Il nostro commento
Meravigliosi i rifacimenti alla cultura del carnevale della Barbagia, le cui maschere rievocano streghe e pazzi. “Su carrasecare”, tradotto carne viva da smembrare, una frase che rende bene l’idea della crudeltà della vicenda narrata in cui il sangue, di cui si intravede solo l’immagine mentale, scorre a fiumi. Pietra dopo pietra, costruendo sulla base di un nuraghi, come un “balancer” della scultura, Macbettu pone le fondamenta della sua tragica fine.
Il suo nome riecheggia nelle tenebre come una cantilena fanciullesca, una follia dilagante che fa emergere il dramma fisico e psicologico a cui si approda nella spasmodica ricerca del potere. Il dramma scozzese/sardo ancora una volta ci ricorda le conseguenze di un atto estremo, guidato dalla vicinanza al nostro ancestrale istinto animale soffocato da orpelli e impalcature della mente. Un istinto che allo stesso tempo, una volta liberato, è azione e conseguenza su chi è agito dal mostro che nascondiamo dentro.
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Siciliana, anno 1984 . Ho sempre fatto qualcosa inerente l’arte. Danza fino a 20 anni per poi innamorarmi del canto e della recitazione. Ho frequentato l’istituto d’arte della mia città, diventando decoratrice pittorica. Mi specializzo nelle arti performative frequentando una scuola di musical, un’accademia di recitazione. Infine conseguo la laurea alla Sapienza, sempre in teatro. Attualmente sono un’attrice, cantante e regista teatrale; ma non si sa mai! Non si smette mai di imparare, mai.
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