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Roma insolita: la bellezza e i segreti di Piazza Mattei

Last Updated on 07/05/2020

Un angolo affascinante della Capitale quello di Piazza Mattei, legato a leggende e aneddoti curiosi, tra costruzioni “miracolose”, furti e ritrovamenti

Un angolo affascinante della Capitale legato a leggende e aneddoti curiosi, tra costruzioni “miracolose”, furti e ritrovamenti.

“L’isola Mattei”

Piazza Mattei, nel rione Sant’Angelo, ha assunto questa denominazione per via del palazzo che vi si affaccia, Palazzo Giacomo Mattei. Insieme agli edifici di Mattei di Giove, Mattei di Paganica e di Alessandro Mattei (ora Caetani), esso va a costituire la cosiddetta “Isola Mattei”.

Lo stabile appartenuto a Giacomo è in realtà l’insieme di due dimore, all’altezza, rispettivamente, del civico 17 e 19. Di queste, la seconda è la più antica (fine del XV sec.). Essa spicca per il candido portale marmoreo con il blasone dei Mattei e, oltrepassato l’ingresso, per il cortile interno con due ordini di arcate, una loggia e una scalinata. L’abitazione, di Domenico Mattei, fu poi ristrutturata dal nipote Giacomo. Lui unì il suo stabile, attiguo, al succitato, in un’unica facciata. Quest’ultima fu affrescata da Taddeo Zuccari con dei monocromi aventi per tema le “Storie di Furio Camillo”. Purtroppo irrimediabilmente perse.

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La leggenda della finestra murata

Il prospetto attira l’attenzione anche per la presenza di una finestra murata, legata alla seguente leggenda. Uno dei duchi Mattei, accanito giocatore, avrebbe perso una sera una somma ingente di denaro. Venuto a conoscenza del fatto, il futuro suocero gli negò la mano della figlia. Il duca, desideroso di riacquistare lustro agli occhi del primo, lo invitò ad un suo ricevimento. Protrattosi fino all’alba.

Nel frattempo, diede ordine di realizzare sulla piazza antistante, una mirabile fontana. Il mattino seguente il nobile invitò quindi il suocero ad affacciarsi per ammirare il monumento, esclamando: “Ecco cosa è capace di fare in poche ore uno squattrinato Mattei!”. Così facendo, riuscì ad avere in sposa la fanciulla, ma, in memoria dell’accaduto, fece murare la finestra.

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La fontana delle Tartarughe

La fontana in questione è la cosiddetta “fontana delle Tartarughe”, la cui origine è ben diversa da quella raccontata dalla leggenda. Nel 1570, terminato il restauro dell’acquedotto dell’Acqua Virgo, furono necessari dei lavori di potenziamento dello stesso. Si costruì quindi una ramificazione sotterranea secondaria del condotto, che potesse servire la zona di Campo Marzio.

A questo intervento era connessa anche la costruzione di un certo numero di fontane. In particolare, ne era prevista una a piazza Giudia, sede di mercato. Tuttavia le pressioni di Muzio Mattei furono tali che essa venne invece posta nella piazza antistante la sua aristocratica abitazione. In cambio della concessione, la famiglia si impegnava a mantenere il decoro urbano nell’area in questione.

Il progetto di Giacomo della Porta

La Fontana delle Tartarughe fu costruita, su probabile progetto di Giacomo della Porta. Era il 1581. I lavori di esecuzione furono condotti dallo scultore Taddeo Landini. Secondo le inziali intenzioni, avrebbe dovuto presentare quattro efebi e otto delfini. Erano previsti prima in marmo e poi in bronzo, al di sotto e al di sopra dei fanciulli. Ne vennero invece realizzati solamente quattro, perchè la pressione dell’acqua non permetteva la necessaria elevazione. I delfini residuali furono poi inseriti nella Fontana della Terrina, posta anticamente in Campo de’ Fiori. Invece ora collocata in piazza della Chiesa Nuova.

Le tartarughe in bronzo attualmente visibili, sospinte verso il bordo del catino, costituiscono un’aggiunta postuma. La loro realizzazione, attribuita al Bernini, risale al 1658, durante i lavori di restauro voluti da papa Alessandro VII. Esse hanno subito varie peripezie nel corso del tempo. Sono state infatti prelevate dal loro sito originario nel 1906, nel 1944 e nel 1981. Fortunatamente, sono sempre state recuperate. È impresso nella memoria collettiva dei romani più anziani il ritrovamento nel 1944 ad opera di uno straccivendolo, che riconsegnò i preziosi rettili bronzei al Comune. Le tartarughe attualmente inserite nella fontana sono però delle copie. Gli originali sono visibili nei Musei Capitolini.

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