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“Modigliani il principe” di Angelo Longoni – La recensione del libro

Last Updated on 06/11/2019

È uscito per i tipi di Giunti il romanzo di Angelo Longoni, Modigliani il principe. Dall’infanzia livornese fino agli anni di Parigi, il romanzo ripercorre tutta la vita e l’arte del pittore

Angelo Longoni, Modigliani il principe, Giunti, 2019.

È uscito per i tipi di Giunti il romanzo di Angelo Longoni, Modigliani il principe. Il libro segue uno spettacolo teatrale incentrato sulla vita dell’artista livornese che lo stesso Longoni scrisse e portò in scena qualche anno fa. Gli elementi romanzeschi della vita dell’artista s’intersecano sapientemente con il verosimile del romanzo vero e proprio; la vicenda di Modigliani è scandagliata fin nei minimi particolari, ricostruendo non solo le vicende ma anche la complessità psicologica del personaggio e soprattutto il contesto culturale e sociale in cui è immerso. La prevalenza del dialogo svela la provenienza (o almeno una vicinanza) teatrale dell’opera (nonché del suo autore che è drammaturgo e regista), e rende la lettura scorrevole e accattivante.

Vita d’artista

Dalla Toscana a Parigi, la storia di Modigliani si intreccia con quelle dei grandi artisti dell’Italia e della Francia tra fin de siècle e belle epoque: nel romanzo li ritroviamo tutti, dai macchiaioli a Picasso. Vere protagoniste, però, sono le donne che congiungono le loro vite con quelle del pittore (e scultore); dagli incontri occasionali nelle case di piacere livornesi fino ai grandi nomi della storia dell’arte e del costume della Ville Lumière (Anna Achmatova e Beatrice Hastings, ad esempio). Su tutte, ovviamente, spicca Kiki de Montparnasse, che nella finzione romanzesca diventa il simbolo universale delle donne della bohème parigina dell’artista. Ce lo dice l’autore stesso, in una nota finale: “ho voluto creare un’accompagnatrice costante della vita bohémienne dell’artista. Una specie di ‘Virgilio’ in grado di mettere a nudo l’anima di Amedeo […]”.

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Brama di vivere

Il Modigliani che viene fuori dal romanzo è un artista dall’enorme “brama di vivere” (ci sia permesso di citare un’altra biografia, questa volta cinematografica, di un grande artista); il pittore è interessato all’umanità sincera e schietta, alla vita degli ultimi, dei diseredati, delle prostitute e degli altri personaggi della Parigi della bohème. Ne emerge un’umanità guardata con l’occhio poetico, cioè creatore e rivelatore, dell’artista. Perché nel romanzo Modigliani è soprattutto questo: è colui che è in grado di comprendere l’unicità di un momento, al di là della rappresentazione naturalistica (“Questo momento però è magico e unico. Lo si dovrebbe rubare e rendere indelebile”, si ritrova a pensare il giovane Amedeo).

Una corsa contro il tempo

La rivelazione unica e indelebile, questo è il segreto dell’arte moderna. È il superamento del naturalismo ottocentesco, di quella visione parascientifica che tentava una oggettificazione del reale, nei suoi aspetti paradigmatici. Il Novecento (anticipato dall’impressionismo e dal simbolismo) cerca altro: la poeticità del momento (Montale direbbe: dell’occasione), il guizzo della natura trasformata dall’occhio dell’artista in stato d’animo universale; “flash” irripetibile impresso sulla tela dell’artista o sulla carta del poeta. Questi sono i soggetti del pittore, il senso ultimo dietro le “donne dal lungo collo”: sono presenze della vita vissuta intensamente di uno spirito tormentato che per tutta la vita ha corso una gara di velocità con la morte.

Modigliani il principe
Modigliani il principe

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