“Ve lo meritate, Nanni Moretti!” – 5 film del regista romano
Quarantaquattro anni di carriera, dodici film da regista e un tredicesimo in arrivo, molti premi, molte critiche: ripercorriamo la carriera di Nanni Moretti con 5 suoi film.

O si odia o si ama: Nanni Moretti è uno dei registi contemporanei che ha maggiormente discusso e fatto discutere. Dagli scontri (generazionali) con Monicelli, Sordi, Wertmuller all’impegno politico, Moretti è sempre stato un personaggio molto critico e molto criticato. Il suo è un cinema personale, unico, che ha lasciato segni anche nella cultura pop (dal barattolone di Nutella al mito della Sacher, alle mille citazioni dei suoi film, come il suo “Ve lo meritate Alberto Sordi!”).
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Io sono un autarchico (1976)
Nel 1976 Moretti ha 26 anni e gira con una telecamera super 8 un lungometraggio a bassissimo costo, coinvolgendo amici e parenti. Il risultato è visivamente grezzo, ma tanto promettente da far balzare il suo nome in cima alla lista degli autori da tenere d’occhio. La storia è quella di Michele Apicella (storico alter ego del regista, che lui stesso interpreta) che, mollato dalla giovanissima moglie con il figlioletto, decide di unirsi a una compagnia di teatro sperimentale. Attraverso la voce e gli occhi di Michele, Moretti fotografa e commenta una generazione, la sua, delusa da una rivoluzione (quella del ’68) mancata e che, spaesata, guarda al futuro con disincanto.

Bianca (1984)
La commedia morettiana si tinge di giallo: Michele Apicella è un insegnante di matematica appena trasferito a Roma. La sua nuova scuola è l’improbabile istituto Marilyn Monroe, una scuola sperimentale, ultra-pop, con flipper nei corridoi e lezioni su Gino Paoli. Michele farà presto amicizia con la bella collega Bianca e con alcuni vicini di casa, di cui ama osservare di nascosto i comportamenti. Sullo sfondo delle sue vicende c’è però un serial killer che si aggira nella zona e miete vittime anche tra le nuove amicizie del protagonista. Che ci sia un collegamento tra i due?
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Caro Diario (1993)
Nanni Moretti in Vespa, in giro per una Roma semideserta, è l’immagine simbolo del cinema morettiano, tra le più iconiche del cinema italiano. Caro Diario, diviso in tre episodi, è il suo film più autobiografico, a partire dal protagonista: niente Michele Apicella, solo Nanni. Nel primo episodio, “In Vespa”, il protagonista riflette sui più disparati argomenti mentre gira per la città. Nel secondo episodio, l’esilarante “Le isole”, Nanni parte col suo amico Gerardo per un tour delle Eolie, nel tentativo di allontanarsi dalla vita metropolitana. Il terzo, “Medici”, segue Nanni nelle mille peripezie per la diagnosi e la cura di un linfoma; ispirato all’esperienza vera del regista, l’episodio si conclude con una riflessione amara sulla categoria dei medici.

La stanza del figlio (2001)
Palma d’oro a Cannes, La stanza del figlio segna una svolta nella carriera di Moretti; accantonato il personaggio di Michele Apicella, Moretti inizia un nuovo percorso narrativo, meno incentrato su sé stesso e più sulla storia da raccontare, senza però perdere alcuni aspetti del suo linguaggio. Il regista affronta un argomento straziante come quello della perdita di un figlio e lo fa con rigore e delicatezza. Senza scadere in facili sentimentalismi, ma ricostruendo il lutto in maniera quasi scientifica, Moretti scava nel dolore e nei diversi modi di affrontarlo, senza inventare forzati momenti catartici ma restituendo, in finale, un bagliore di speranza.
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Habemus Papam (2011)
Il timido cardinale Melville viene eletto Papa in maniera del tutto inaspettata, ma non si sente affatto all’altezza dell’incarico. Dopo un attacco di panico prima della sua proclamazione, il cardinale fugge, seminando il caos in Vaticano e tra i fedeli. Si troverà così a vagare per Roma, accodandosi a una compagnia teatrale che risveglierà un vecchio sogno di gioventù, e stringendo amicizia con una psicanalista ossessionata dal “deficit dell’accudimento”. Quando il film uscì nelle sale l’idea di un cardinale che sfuggisse al papato sembrava divertente e fantasiosa. Poi, due anni dopo, Benedetto XVI si “dimise” e, per un attimo, tutti siamo tornati col pensiero a questo film e al suo finale quasi apocalittico.
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Mio padre è Andrej Tarkovskij, mia madre è Sarah Connor. Onnivora di cinema, ho imparato a memoria IMDB. Vorrei vivere dentro “L’Eglise d’Auvers-sur-Oise” di Van Gogh, essere fotografata da Diane Arbus e scolpita da Canova. Vorrei che Hemingway scrivesse di me, che Hendrix mi dedicasse una canzone e che Renzo Piano mi intitolasse un grattacielo. Per quest’ultimo sono ancora in tempo.
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