Il labirintico progetto di Dora García al Mattatoio di Roma
Si aprirà giovedì 7 ottobre “Dora García. Conosco un labirinto che è una linea retta”, visitabile sino a domenica 9 gennaio 2022. Un allestimento binario in due padiglioni del Mattatoio per una mostra labirintica con focus sul tema dello sdoppiamento...

Si aprirà giovedì 7 ottobre, presso il Mattatoio di Roma, “Dora García. Conosco un labirinto che è una linea retta“, visitabile sino a domenica 9 gennaio 2022. Un allestimento binario in due padiglioni del Mattatoio – da un lato una proiezione, dall’altro le performance – per una mostra labirintica con focus sul tema dello sdoppiamento. A cura di Angel Moya Garcia.
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I temi della mostra
Lo sdoppiamento, il riflesso, la differenza tra certezza e illusione insieme all’incursione del fantastico nel reale evidenziano quanto sia labile la distinzione fra i tre regni della soggettività (i registri dello psichico lacaniano: simbolico, immaginario e reale) per ricostruire un mondo oggettivo. Il racconto Tlön, Uqbar, Orbis Tertius di J.L.Borges, da cui proviene il titolo del progetto, ne è un esempio folgorante, in quanto è la storia di un’apocalisse concettuale.
La trama segue le ricerche di un anonimo autore attorno al mistero che circonda la regione di Uqbar la cui letteratura possiede un registro prettamente fantastico con alcune storie ambientate in una terra immaginaria denominata Tlön. Tlön è una finzione nella finzione, l’idea vagheggiata da una mente lontana che abita un regno indefinito, eppure alla fine compare nel mondo reale e lo sovverte. Un ordito che, sebbene labirintico, è fatto da uomini e “destinato ad essere decifrato da uomini”. La verità sull’immaginazione è svelata: noi viviamo di essa. Le convenzioni sociali, le identità, la storia, qualsiasi fatto noi riteniamo oggettivo, è in realtà arrangiato dalla tessitura dell’immaginazione.
Le storie di Dora García
Le storie di Dora García (Valladolid, Spagna, 1965. Vive e lavora a Oslo), contrassegnate da un copione sommario e da un finale aperto, indagano quale impatto abbiano la lingua, la letteratura, la traduzione e l’inconscio nelle costruzioni sociali e nelle identità. Le sue opere ruotano attorno a un’incessante negoziazione tra colui che parla e colui che ascolta, tra autore e lettore, tra attore e pubblico e, allo stesso tempo, creano un’ambivalenza tra finzione e accadimento spontaneo, analizzando il senso del limite tra realtà e rappresentazione.
Il progetto Conosco un labirinto che è una linea retta
Il progetto Conosco un labirinto che è una linea retta, sviluppato dall’artista per i Padiglioni 9A e 9B del Mattatoio di Roma, si concentra sull’idea di evento, durata e ripetizione. I due padiglioni si specchiano, sdoppiandosi attraverso la psicoanalisi e la narrativa labirintica, e si articolano in un allestimento binario, come due sentieri che si biforcano e che si congiungono solo attraverso un’osservazione attiva che invita il visitatore a non considerare l’indifferenza come un’opzione praticabile e a decidere coscientemente se entrare in una situazione o sottrarsi ad essa.
Un progetto in cui invano si dovrebbe cercare una trama univoca o uniforme e che ci trasporta in una dimensione misteriosa e affascinante. Un labirinto che è una linea retta di apparenti divagazioni e allusioni dove simmetria e disordine compongono un disegno i cui contorni si scoprono nel tempo, nella durata e nella ripetizione. Un tentativo di sostituire la memoria in quanto ripetiamo quello che rifiutiamo di ricordare, un accenno alla fragilità dell’esistenza e un richiamo ai costanti segni che rinunciamo a vedere o interpretare e che ci portano a un’eterna ripetizione della storia.
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