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Così vicino al cielo, il Tibet: alla Galleria 10b Photography di Roma gli scatti di Jacques Borgetto

“Così vicino al cielo, il Tibet” è la nuova mostra della galleria 10b Photography di Roma, con gli scatti di Jacques Borgetto. Inaugurerà mercoledì 5 aprile e sarà visitabile dal 6 aprile al 3 giugno

“Così vicino al cielo, il Tibet” è la nuova mostra della galleria 10b Photography di Roma, con gli scatti di Jacques Borgetto, a cura di Laura Serani. Inaugurerà mercoledì 5 aprile, dalle 18 alle 21 e sarà visitabile dal 6 aprile al 3 giugno. Del Tibet, Jacques Borgetto racconta la serenità, il quotidiano e la spiritualità, le tradizioni persistenti e la modernità che si avvicina. L’immensità del cielo richiama la questione del territorio negato. Denso e contrastato, il bianco e nero si alterna al colore per un viaggio unico in questa terra così vicina al cielo.

Le opere in mostra

“Il viaggio è spesso all’origine del lavoro fotografico di Jacques Borgetto, fotografo e viaggiatore «di lungo corso», il cui modo di procedere è simile a quello degli esploratori – spiega la curatrice della mostra, Laura Serani – Inizialmente spinto dal desiderio di ripercorrere l’itinerario dei suoi prozii italiani emigrati in America Latina, Borgetto non ha, poi, mai smesso di partire alla scoperta di regioni di cui ha cercato, nel corso degli anni, di documentare l’evoluzione. In Argentina, Cile, Giappone, Tibet, Corea, dall’America Latina all’Asia, all’Africa, il suo viaggio interiore si trasforma e si concentra sugli altri, di cui cerca di comprendere e raccontare la cultura. Con il suo lavoro che si costruisce paese per paese, Jacques Borgetto crea il suo Atlante. Pur affidandosi ai generi classici del ritratto e del paesaggio, l’artista volge uno sguardo nuovo su contrade e civiltà poco conosciute, riuscendo a offrirne una visione intima.

Del Tibet Borgetto mostra la serenità, il quotidiano e la spiritualità, le tradizioni persistenti e la modernità che si avvicina

Le immagini, frutto dei suoi incontri, esaltano i luoghi visitati, i loro paesaggi, il loro patrimonio e la loro cultura, senza voler nascondere le tensioni del contesto economico e politico – prosegue la curatrice – Così in Tibet, di cui Borgetto mostra la serenità, il quotidiano e la spiritualità, le tradizioni persistenti e la modernità che si avvicina, ma dove l’immensità del cielo, così presente nelle sue immagini, richiama la questione del territorio negato, come una forma di resistenza celeste. Sulla scia di Georges Bataille, che nel 1947 parlava del «mistero del Tibet», e come spesso accade per noi occidentali, il Tibet ha sempre rappresentato un grande mistero ed esercitato una grande attrazione per Borgetto, sentimenti alimentati dalle sue numerose letture.

Il suo bianco e nero sembra esprimere la forte spiritualità del Tibet

Di questi colori, quelli delle bandiere di preghiera o dell’arancione delle tuniche dei monaci, ci sono poche tracce nel Tibet di Borgetto, che il più delle volte sceglie di lavorare in bianco e nero, per immagini dalla materia viva, scure e contrastate, misteriose e al tempo stesso dense di informazioni – conclude Laura Serani – Recentemente il colore è stato inserito, soprattutto nei paesaggi fotografati in primavera, come a sottolineare la morbidezza dei prati, delle colline, la luminosità del cielo e l’armonia delle architetture. Il suo bianco e nero sembra esprimere la forte spiritualità del Tibet e, allo stesso tempo, la nostalgia per un mondo che rischia, almeno in apparenza, di svanire lentamente sotto le costrizioni. Ma sembra anche tradurre la forza del pensiero buddista, pensiero reso realtà, identificato e identificabile in un paese che, pur essendo ostaggio della Cina, pare resistere da solo alla violenza, alla turbolenza e alla globalizzazione che governano il resto del mondo.

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