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Dietro ogni opera un messaggio, l’intervista a Laika MCMLIV  

Dissacrante, irriverente e alle volte ironica. Questi sono solo alcuni degli aggettivi per descrivere la street art di Laika MCMILV. La misteriosa e attivissima street artist, nel giro di poco più di tre anni, ha saputo far parlare molto di sé soprattutto attraverso le opere che incolla sui muri

Dissacrante, irriverente e alle volte ironica. Questi sono solo alcuni degli aggettivi per descrivere la street art di Laika MCMILV. La misteriosa e attivissima street artist, nel giro di poco più di tre anni, ha saputo far parlare molto di sé soprattutto attraverso le opere che incolla sui muri. In occasione della sua prima mostra personale “Art is (not) a game”, visitabile sino al 22 aprile presso la galleria romana Rosso20sette arte contemporanea, abbiamo deciso di contattarla per rivolgerle qualche domanda.

Vorrei che prima di partire con le domande facessi una tua veloce presentazione senza usare le parole “attacchina” e “primo essere vivente nello spazio”.Ho letto molto su di te e vorrei proporti questa sfida: raccontati senza usare queste tue consuete frasi.

Sfida accettata. Mi chiamo Laika e sono i “messaggi di carta” che diffondo sui muri la notte. Messaggi che parlano di diritti umani, sociali e civili, antirazzisti, delle donne. A volte ironici ma soprattutto pieni di colla. Laika è fondamentalmente il messaggio: la maschera bianca e la parrucca rossa poco contano. Servono solo a farmi essere più diretta, a non farsi distrarre da ciò che comunico, a salvaguardare la mia vita di tutti i giorni e, last but not least, a far sì che il progetto non “muoia”.

Inizierei parlando della tua prima mostra personale nella galleria romana “Rosso20sette arte contemporanea”. Raccontaci come è stato preparare una mostra personale e che difficoltà o differenze hai riscontrato rispetto alla tua normale attività in strada.

Realizzare la mia prima personale è stata una sfida incredibile. Un viaggio fatto di giorni interi (e notti) chiusa IN studio, alla ricerca di nuove idee, ma anche di nuove tecniche e materiali. È stato un modo per ripercorrere questi tre anni e mezzo di attività intensa per fare autocritica, per migliorarsi. Non avevo mai realizzato così tante tele tutte insieme: vedere il lavoro finito in galleria è stata una grande emozione. Una grande soddisfazione. 

Dietro ogni quadro c’è una storia, un blitz, un viaggio, una lotta da portare avanti. Per qualcuno sono semplici “disegnini”. C’è dietro un mondo. Rispetto ai blitz in strada, mi sono potuta prendere del tempo. Meno adrenalina, maggior riflessione. Un momento necessario per la mia crescita artistica. Devo Ringraziare Stefano, Tiziana ed Edoardo (team di Rosso20sette arte contemporanea n.d.r.) per questa sfida.

Il titolo Art is (not) a game (titolo della prima personale di Laika n.d.r.) è un chiaro riferimento al tuo documentario Life is (not) a game. Quindi ti chiedo: che definizione dai tu della parola “gioco”?

Game (o gioco) ha diversi significati nella mia vita e nel mio percorso artistico. Ho iniziato questo progetto “per gioco”, celebrando uno dei miei idoli della mia squadra (l’A.S. Roma), per poi comprendere la potenza comunicativa di un poster sul muro. In quel momento ho deciso di portare su carta i diritti umani, sociali e civili e le ingiustizie. Senza però smettere di essere.  

La parola “gioco” è tornata sul mio percorso quando sono andata in Bosnia: il game è il tentativo da parte dei migranti di raggiungere l’Unione Europea, in genere Trieste. Ha un costo economico spesso altissimo e non è mai detto che chi paga riesca ad arrivare a destinazione. I respingimenti sono frequentissimi e spesso molto violenti, specialmente in Croazia.

Questo tuo primo documentario ti ha fatto vincere il Nastro d’Argento come “Protagonista dell’anno”. Che significato ha per te questo premio?

Il premio è stata una bella sorpresa. Non avrei mai pensato di ricevere un riconoscimento simile visto che faccio street art. È per me molto importante il fatto che un’arte illegale come la mia venga legittimata. Non penso lo sia solo per me.

Visto il risultato, hai previsto un sequel?

Il sequel lo state già vedendo sui muri, attraverso i miei blitz.

Tornando invece alla mostra, che differenza c’è per te tra realizzare un poster che attaccherai in strada e un’opera che qualcuno attaccherà a casa sua?

Spesso è una questione di tempo. Dipingere una tela ti permette di ragionare molto di più sulla tecnica oltre che sul soggetto. Le tele inoltre finanziano il progetto: essere Laika ha dei costi, non sono la figlia di un industriale. La strada però avrà sempre un ruolo fondamentale. Prioritario.

La domanda delle domande: che cos’è la street art per Laika? Sono sempre più convinto che ognuno di noi ha una sua personale definizione di questo fenomeno artistico. Vuoi darci la tua?

La street art esiste da quando esiste l’essere umano. Basti pensare alle Grotte di Lascaux. È il modo più “democratico” di esprimersi: esci da casa, disegni, attacchi, fai stencil, murales. Chiunque può farlo. C’è chi non la considera arte quando invece sono sicura che la troveremo sempre di più sui libri di storia dell’arte.

Cosa pensi dei murales (autorizzati e/o commissionati)? E dei graffiti?

La mia arte ha quasi sempre come primo obiettivo la diffusione del messaggio, è un’arte politica. È Artivismo. Se vi è l’opportunità di comunicare attraverso dei muri legali: ben venga. Per me, a causa di questo anonimato, non è così semplice lavorarci. Nonostante ciò, ho iniziato da qualche tempo a realizzare anche murales legali. Sui muri commissionati che dire. Purché rispettino le mie idee e i miei valori. Sui graffiti non ho tanto da dire. In genere sono i writers ad odiare noi street artist (io sono odiata anche dagli street artist). Ho sempre creduto in una scritta su un muro che ho visto tante volte, anche quando ero piccola/giovane: Muri puliti, popoli muti.

La stampa ti definisce “la Banksy italiana”. Ma, diciamolo, chiunque faccia opere in strada di denuncia o protesta e non mostra il suo volto è associato al mito Banksy. Vorrei chiederti come vivi questo paragone e se hai mai incontrato Banksy o se hai avuto modo di entrare in contatto con lui. Perché poi quando uno è “la Banksy italiana” le aspettative sono altissime giusto? Tu come la vivi questa cosa?

Hai perfettamente ragione: basta che un artista sia anonimo per ricevere l’appellativo di Banksy. Banksy è un maestro: ma ce n’è uno solo, almeno così pare. Io sono Laika, sono anonima ma mi faccio vedere spesso, faccio poster su carta e sono un’attivista. Purtroppo non ho ma avuto l’onore di entrarci in contatto. Sarebbe un sogno.

Secondo Laika, perché le persone si appassionano così tanto alla street art?

Credo sia per il potere comunicativo o perché spesso abbellisce / decora la città. È un’arte facilmente accessibile. Spesso non serve pagare il biglietto. Per quanto riguarda la mia arte, spero che le persone si appassionino per ciò che voglio comunicare.

I tuoi lavori in strada sono sempre molto provocatori. Mai pensato di fare qualcosa di più frivolo?

Ho fatto qualche lavoro frivolo. Mi viene difficile non provocare. Credo sia nel mio DNA.

Ci sono delle tue “colleghe” che ammiri o con cui ti piacerebbe lavorare? E tra gli artisti maschi?

Ammiro molto Alice Pasquini, OBEY, GOIN e HOGRE (one of the best). A Roma forse collaborerei con “ER PINTO”.

Lavori sempre da sola? Mai pensato a delle collaborazioni?

Lavoro sola. Ci ho pensato, ma trovo molto più stimolante fondere la mia arte con altre arti come la danza, la musica o la poesia. In futuro mai dire mai.

Per concludere: sogni nel cassetto? Progetti in cantiere? Cosa bolle in pentola? Raccontaci il prossimo futuro di Laika.

Non svelo mai ciò che farò. Ho bei progetti in cantiere: dovrete seguirmi per scoprirli. Sogni nel cassetto: uscire da Roma, dall’Italia: è un sogno più che realizzabile. Ci sto già lavorando.

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