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Storia della letteratura latina (13): Quintiliano e l’Institutio oratoria

Last Updated on 02/05/2023

Nel 96 d.C. fu pubblicata l’Institutio oratoria, un trattato in 12 libri che ha come argomento la formazione del perfetto oratore. Per Quintiliano la formazione del futuro oratore non è qualcosa di fine a se stesso o avulso dalla realtà

“Poiché l’uomo che sia anche un vero cittadino, versato nell’amministrazione degli affari pubblici e privati, in grado di governare le città esprimendo i suoi pareri, di fondarle proponendo leggi, di correggerle attraverso l’esercizio della giustizia, altri non è che l’oratore”. Questa frase è tratta dalla prefazione dell’Institutio oratoria, il capolavoro di Marco Fabio Quintiliano. Nato in Spagna tra 35 e 40 d.C., fu educato a Roma dove si distinse come avvocato e come insegnante. Vespasiano lo apprezzò tanto che gli concesse la prima cattedra di eloquenza retribuita pubblicamente.

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Quintiliano e l’Institutio oratoria

Nel 96 d.C. fu pubblicata l’Institutio oratoria, un trattato in 12 libri che ha come argomento la formazione del perfetto oratore. Per Quintiliano la formazione del futuro oratore non è qualcosa di fine a se stesso o avulso dalla realtà: il futuro oratore era anche l’uomo pubblico, il cittadino e l’intellettuale impegnato nella vita politica, sociale e culturale ai più alti livelli. Deve pertanto avere non solo una buona formazione tecnica nell’arte del dire ma deve anche essere dotato di qualità morali e di una condotta irreprensibile.

Da questo punto di vista Quintiliano recupera la teoria di Cicerone secondo cui l’oratore deve essere un vir bonus dicendi peritus, “uomo di valore, esperto nell’arte della parola”: una concezione che unisce la pratica della retorica ad un elevato spessore etico. Cicerone è considerato da Quintiliano un modello ineguagliabile di stile oratorio, “il nome stesso dell’eloquenza”.

Una pedagogia innovativa

È interessante scoprire che alcuni aspetti del modello educativo proposto da Quintiliano costituiscano una novità rispetto alla tradizione romana e sembrino quasi prefigurare concezioni pedagogiche moderne. Ad esempio, Quintiliano pensa che l’educazione scolastica  e collettiva sia preferibile ad un’educazione domestica e individuale in quanto comporta rischi minori, dal punto di vista morale, rispetto a quella privata e in quanto stimola i ragazzi alla vita sociale e al confronto con gli altri. Scrive Quintiliano nel primo libro dell’Institutio oratoria:

“Per prima cosa il futuro oratore, destinato a vivere in mezzo a tanta gente e sotto i riflettori della vita pubblica, si abitui fin dalla tenera età a non temere gli uomini e a non scolorire in quel tipo di vita solitaria e, per così dire, all’ombra. (…) è inevitabile infatti che chi non si confronta con nessuno finisca con l’avere un’eccessiva opinione di sé”.

Il valore del gioco e l’inutilità delle punizioni corporali

Quintiliano manifesta piena fiducia nei confronti delle capacità del bambino e totale rispetto verso le sue inclinazioni. Sostiene l’importanza del gioco nella formazione del bambino: come momento di pausa da attività faticose e come modo per stimolare l’intelligenza:

“In ogni caso bisogna concedere a tutti un po’ di svago (…) perché l’amore per lo studio si fonda sulla volontà che non può essere indotta con la forza. (…) Tuttavia gli svaghi devono avere un limite: non ingenerino odio nei confronti degli studi qualora vengano negati né, al contrario, diano l’abitudine all’ozio qualora siano troppi. Vi sono anche alcuni giochi non inutili per affinare le menti dei ragazzi (…)

Quintiliano si oppone fermamente alle rigide punizioni corporali che pure erano una prassi costante all’epoca. Scrive infatti:

“non mi piace affatto che i discenti subiscano punizioni di tipo corporale, per prima cosa perché è indecoroso, indegno di un uomo libero e per di più in contraddizione con il diritto (…)”

Tra i discepoli di Quintiliano ci sarebbero stati anche Plinio il Vecchio e Tacito, che avrebbero garantito al maestro una solida fama per decenni. Ma l’importanza dell’Institutio oratoria di Quintiliano, sia per la retorica, sia per il pensiero pedagogico, è passata indenne attraverso i secoli. Il trattato fu un punto di riferimento nella trattazione dell’arte retorica nella tarda antichità, nel Medioevo e nell’Umanesimo. Ancora oggi noi lettori moderni, leggendo le pagine di Quintiliano, ci sentiamo un po’ suoi discepoli.

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