Più a est di Radi Kürkk, di Gianluca di Dio – La recensione
Più a est di Radi Kürkk è una favola metafisica dello scrittore parmense Gianluca di Dio, tra le novità dell’editore Voland

Più a est di Radi Kürkk di Gianluca di Dio, uscito per i tipi di Voland, è un romanzo che recupera un gusto magmatico della narrazione e una raffinatezza di stile che lo differenzia da molte opere che si leggono oggi. L’autore nel costruire la storia di Lucio che da un momento all’altro si trova solo, orfano di tutta la famiglia, in una casa che è rimasta soltanto una collezione di oggetti accatastati alla rinfusa, sceglie la via della favola nera di matrice vagamente buzzatiana. L’assurdo esplode nel quotidiano come qualcosa di assolutamente normale, qualcosa che non desta impressione, ma scivola via in quell’assurdo più grande che è la vita.
Realismo magico padano
Quello che ne viene fuori è un racconto grottesco, che non diventa però mai una parodia o un romanzo comico. Lo si potrebbe definire realismo magico padano. Il romanzo è una sorta di favola (nera) dalla fine del mondo, un romanzo di non-luoghi simbolici, di silenzi e di paesaggi che sono al cento per cento riconoscibili eppure sono ammantati da una nebbia (reale e metaforica) che li rende metafisici. È quell’Italia di provincia, quella sempre uguale, dappertutto, normale ma spettrale; come in un quadro di De Chirico. Non-luoghi come le campagne e i canali isolati o come il supermarket in cui il protagonista incontra gli unici altri esseri umani che incrociano la sua esistenza.
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Il racconto nel racconto
Uno di questi è il dottor Cervellati, un dentista amico di suo padre e ora compagno di taccheggio e custode della memoria del protagonista. Sarà lui infatti a consegnare al protagonista un lungo racconto scritto dal padre, anche questo freddo e grottesco, ambientato in un Nord imprecisato (più a est di Radi Kürkk, appunto) che è altrettanto immobile e astratto. Questa sorta di romanzo nel romanzo non fa altro che rafforzare l’immaginario della storia principale: controparte congelata della pianura nebbiosa che avvolge il protagonista.
Questione di stile
Fa piacere leggere romanzi del genere, che tentano strade stilistiche diverse, lontane da certo conformismo stilistico dei libri di oggi. Sono scelte che vanno a recuperare senza paura modelli importanti, e che non temono opzioni stilistiche senza compromessi. E se nel romanzo si mette in scena una sorta di eterna attesa di un’apocalisse che forse c’è già stata, questa atmosfera emerge da uno stile che cerca costantemente, al suo interno, quella ‘rivelazione’ che la letteratura, in fondo, dovrebbe sempre proporci.
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“Come saremmo colti se conoscessimo bene solo cinque o sei libri”, scriveva Flaubert.
Luca Verrelli cerca di essere un buon lettore.
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