Stéphanie Hochet, Il testamento dell’uro – La recensione del libro
Il nuovo libro di Stéphanie Hochet, edito da Voland: ironia e suspense in una storia emozionante

È deliziosamente ironico l’incipit del romanzo Il testamento dell’uro di Stéphanie Hochet, pubblicato da Voland nella collana Amazzoni, con la traduzione di Roberto Lana. Nata a Parigi nel 1975, l’autrice ha esordito nel 2001 con il romanzo Moutarde douce, a cui ne sono seguiti altri dieci pubblicati con le più importanti case editrici francesi.
La trama
Una giovane scrittrice accetta di presentare i suoi libri a un festival letterario nel sud della Francia. In una regione caratterizzata da natura incontaminata, ampie campagne, piccoli paesi e buon vino. La voce narrante ironizza sulla condizione di giovani autori e scrittori più maturi ma di fama ancora modesta che si ritrovano invitati a incontri estivi – letteratura da infradito – con un pubblico spesso scarso e soprattutto disattento.
Dal sarcasmo alla suspense
Il libro però lentamente muta e dalle lievi e sarcastiche prime pagine ci troviamo avviluppati in una trama carica di suspense. Dopo una presentazione, infatti, la scrittrice non viene riportata in hotel ma in una casa che sembra abitata solo quando le preparano i pasti. Tutto intorno campagna. Il cellulare non ha segnale. Un telefono fisso non c’è. Isolamento, paura, ansia. L’uomo e la donna che si occupano di lei sono gentili ma hanno tutta l’aria di sembrare dei carcerieri. L’hanno forse rapita?

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L’avvenire sarà preistorico
Vincent Charnot è il sindaco del paese in cui si trova la scrittrice per le presentazioni dei suoi libri. Un uomo carismatico e abile manipolatore, un visionario intenzionato a lasciare un segno nella storia con progetti culturali a dir poco trasgressivi. Charnot affida alla scrittrice un compito surreale: redigere la biografia dell’uro, animale preistorico che si è cercato di riportare in vita. Prima che le persone possano vederlo, però, serve crearne il mito. Sta alla scrittrice emozionare con un testo che potrebbe cambiare anche la sua esistenza.
Il commento
Lo stile di Stéphanie Hochet in questo romanzo mi ha ricordato quello di Amélie Nothomb. Ma del resto non era proprio lei, la Hochet, l’autrice di cui Amélie parlava nel suo romanzo Pétronille? Quindi, nothombiani, siete avvertiti: non potete perdervi questa lettura. Il sarcasmo, certo, ma anche una narrazione spesso allegorica e l’abilità nell’intrecciare le dinamiche psicologiche dei personaggi le accomunano. Mi hanno conquistato le riflessioni sul rapporto tra uomo e animale, che considero il tema portante del romanzo.
La scheda del libro
Titolo: Il testamento dell’uro.
Autrice: Stéphanie Hochet.
Edizioni: Voland.
Anno: 2019.
ISBN: 9788862433662
Pagine: 160.
Prezzo: € 16,00
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Giornalista.
Dal 2002 al 2019 ha scritto per il quotidiano La Nazione – QN – Poligrafici Editoriale, dove ha curato per molti anni anche una rubrica di recensioni di libri. Si occupa soprattutto di costume e società, cultura e spettacoli.
Dal 2018 al 2023 ha collaborato con la rivista ST Storia e storie di Toscana, Medicea Edizioni Firenze.
Segue uffici stampa in ambito culturale.
Dopo molti racconti, ha pubblicato sette libri: “Bianciardi d’essai” (2015, Stampa Alternativa), “L’alambicco e la bambina” (2016, Laurum editrice), “Grosseto nel fango. 50 anni dall’alluvione dei dimenticati” (2016, Laurum editrice), “Mare di conchiglia” (2019, Laurum editrice). A settembre 2020 è uscito il romanzo “La ragazza con il vento tra i capelli”, prima esperienza di self-publishing. A giugno 2022 il secondo romanzo, “Il sale addosso”, seguito del precedente. Ad aprile 2023 è stato pubblicato da Effigi editore il suo terzo romanzo: “Giallo Antartide”.
Riconoscimenti
Nel 2019 le è stato assegnato il Premio Europa. La motivazione: “L’aspetto che intendiamo evidenziare assegnandole il Premio Europa è la sua instancabile attività per la promozione della cultura e della letteratura in particolare”.
Nel 2020 ha vinto il Premio Cultura del territorio con il libro “Mare di conchiglia” al concorso letterario nazionale “Amori sui generis”.