Il dipinto del 1841: Il ritratto di Alessandro Manzoni di Francesco Hayez
Era il 1841 quando il pittore italiano Francesco Hayez realizzò a olio su tela Il ritratto di Alessandro Manzoni, custodito oggi presso la Pinacoteca di Brera. Glielo commissionò la contessa Teresa Borri Stampa, seconda moglie di Manzoni, e suo figlio Stefano, nel 1840.

Era il 1841 quando il pittore italiano Francesco Hayez realizzò a olio su tela, 120×92,5 cm, Il ritratto di Alessandro Manzoni, custodito oggi presso la Pinacoteca di Brera. Glielo commissionò la contessa Teresa Borri Stampa, seconda moglie di Manzoni e suo figlio Stefano, nel 1840.
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Il precedente di Giuseppe Molteni
In precedenza, nel 1831, Giuseppe Molteni lo raffigurò in piedi, mentre reggeva nella mano sinistra una copia de I promessi sposi, sua opera principale. Sullo sfondo si intravvedono Lecco e il lago di Como, le località in cui accaddero le vicende di Renzo e Lucia, raccontate nel romanzo. Hayez, però, pensò di eliminare sulla sua riproduzione tutti gli elementi decorativi. Tramandare il Manzoni nella quotidianità era il suo reale obiettivo. D’altronde doveva soddisfare l’esplicito desiderio di Teresa Borri Stampa.
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Un Manzoni “famigliare”, immerso nei propri pensieri
Così l’artista si rifece ad una rappresentazione pubblica da «letterato ispirato» e lo presentò seduto e rivolto verso sinistra, con le gambe accavallate e con un atteggiamento sereno, pensoso, quasi assente. Hayez lo immortalava in tal modo come un uomo che resta sostanzialmente pacato e rilassato pur immerso nei propri pensieri. In aggiunta la testa leggermente reclinata in avanti, un sorriso abbozzato sulle labbra sottili e chiuse, il naso lungo e regolare ed ancora la netta separazione tra il marrone dei pantaloni, il nero della giacca e i toni rosacei degli incarnati contribuivano a realizzare tale atmosfera. Infine per suggerimento della stessa Teresa, nella mano sinistra raffigurò una comune tabacchiera.
Grazie a questa scelta iconografica l’immagine del Manzoni in ambito famigliare è completa. Lo sfondo che è monocromo, viene animato da una vibrazione luminosa gradualmente più intensa, mentre si avvicina verso il centro. Nessuna ricchezza scenografica, quindi, un espediente pittorico che permette di circondare il Manzoni con una sorta di aura, in una dimensione senza tempo.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.
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