F.L.O.R. – Il progetto di Marzia Bianchi sulla mutilazione genitale femminile
Last Updated on 17/02/2021
Nella giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili l’artista ciociara Marzia Bianchi ha presentato F.L.O.R., un progetto fotografico forte e toccante.

Un “gioco” nato per affrontare insieme a sua figlia un tema tragico e delicato che ha segnato la sua storia. Un storia fatta di diritti calpestati e un corpo violato, difficile da spiegare. Allora i fiori diventano metafora, i boccioli recisi e cuciti con cura aiutano a processare, a capire. Il progetto è di Marzia Bianchi, artista ciociara che l’anno scorso aveva fatto parlare di sè per il progetto “L’invisibilità non è un superpotere”; si chiama F.L.O.R. – Female Liberties Oughta Rise.
Un argomento difficile da affrontare
“Questo progetto è nato qualche giorno dopo che mia figlia adolescente, che sta con me da 3 anni e mezzo e che arriva dalla Somalia, mi ha chiesto come spiegare alle sue coetanee quello che aveva subito da piccolina senza spaventarle e sentirsi un fenomeno da baraccone. Come spiegare ai professori, senza avere addosso gli occhi di chi ti guarda con compassione, come mai ogni mese ci sono giorni in cui si sente male e sta chiusa in bagno, come spiegare che non salta l’ora di educazione fisica per pigrizia ma perché fa proprio fatica a camminare.”
Il fiore come metafora
“Il fiore è un riferimento iconico molto immediato, come simbolo della donna, della riproduzione, della fertilità e della primavera ed è stato un mezzo per farle comprendere ‘come funziona’ la nostra parte più intima. Ecco perché il nome FLOR, il nome latino del fiore che abbiamo deciso che sta anche per Female Liberties Oughta Rise. E siccome credo fortemente nel valore terapeutico dell’arte, mia figlia simula ciò che ha subito quando era bambina, trasformando una cicatrice in una piccola e personale opera d’arte.”
Un progetto – si spera – itinerante
“Vorremmo poter viaggiare ed estendere questo progetto, anche se l’emergenza Covid ci sta rallentando molto. Credo che dovremo aspettare qualche mese per finirlo se vogliamo renderlo ‘internazionale’. Vorremmo infatti utilizzare fiori provenienti da tutto il mondo, soprattutto dall’Europa, dove il fenomeno delle MGF è più diffuso di quanto sembri ed è fondamentale parlarne ad esempio tra le comunità di donne del Corno d’Africa, per far capire loro come questo comprometta la salute e la qualità della vita delle ragazze e delle donne.”
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Mio padre è Andrej Tarkovskij, mia madre è Sarah Connor. Onnivora di cinema, ho imparato a memoria IMDB. Vorrei vivere dentro “L’Eglise d’Auvers-sur-Oise” di Van Gogh, essere fotografata da Diane Arbus e scolpita da Canova. Vorrei che Hemingway scrivesse di me, che Hendrix mi dedicasse una canzone e che Renzo Piano mi intitolasse un grattacielo. Per quest’ultimo sono ancora in tempo.