Le fotografie di Leonardo Sciascia nel libro curato da Diego Mormorio
“Sulla Fotografia”, edito da Mimesis a cura di Diego Mormorio raccoglie scatti realizzati da Sciascia intorno agli anni Cinquanta, accompagnati da due saggi sull’arte fotografica, e in particolare sul ritratto.

Quello dei rapporti tra fotografia e letteratura è un tema molto importante nell’opera di Leonardo Sciascia. Ce lo ricorda molto bene Diego Mormorio, nell’introduzione al volume da lui curato, edito da Mimesis, che raccoglie alcune fotografie realizzate dallo scrittore siciliano negli anni Cinquanta. Istantaneee di vita, ma non solo. Accanto alle foto di famiglia, scatti delle figlie nella natia Racalmuto o della moglie Maria in giro per l’Italia, si riconosce un occhio fotografico attento al dettaglio o ancora alla sintesi paesaggistica. Tutte le foto poi, sono accompagnate da un passo di un’opera di Sciascia, con un accostamento analogico, in cui le parole tentano di evocare l’immagine, e viceversa. La collezione di foto è introdotta da un saggio del curatore in cui, oltre a ricostruire il sodalizio “fotografico” tra i due viene ripercorsa tutta la “lunga fedeltà” dello scrittore al tema.
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Sciascia e la fotografia
E questa fedeltà è testimonata dai due saggi di Sciascia che chiudono il volume. Si tratta di due testi di straordinaria densità teorica: Il ritratto fotografico come entelechia e Gli scrittori e la fotografia. In particolare, è il saggio sul ritratto come “entelechia” che colpisce ancora oggi in maniera fortissima; lo scritto riflette sull’arte del ritratto con lucidità straordinaria, con un’acutezza che oggi pare ancor più pregnante. Oggi il ritratto fotografico è più vivo che mai; ha cambiato nome, si chiama selfie, ed è una performace “solitaria”. I meccanismi teorici che lo guidano sono però sostanzialmente gli stessi che Sciascia traccia nel suo saggio.
Il ritratto è “entelechia”, attimo che esprime una totalità. Anzi, il ritratto è la concretizzazione dell’aleph borgesiano, una contrazione dello spazio che è anche una contrazione temporale. Il ritratto è una visione della vita: memoria del passato, ma anche paradossale “memoria del futuro”. Nel ritratto il soggetto esprime non solo la sua presenza, ma anche e soprattutto la propria esistenza potenziale. Io è un altro, per dirla con Rimbaud.
Un’arte pirandelliana
Insomma per Sciascia parlare di fotografia implica sempre la necessità di definire che cosa sia la fotografia. Ci aveva riflettuto anche in un altro saggio, Verismo e fotografia; in questo testo lo scrittore elabora quella calzantissima definizione di fotografia come “verità momentanea, verità di un momento che contraddice la verità di altri momenti”. Insomma, la fotografia è una materia “letteraria”, ma non nel senso più facile; non è mai uno “strumento” che serve solo a documantere una realtà imprecisata. Sarà per questo che gli scrittori veristi furono fotografi ma per loro la fotogrfia non fu, o almeno non fu sempre, un’arte verista.
In questo modo Sciascia, accostando la “Camera chiara” di Barthes a Pirandello arriva ad un punto di sintesi fondamentale. Comprende infatti che nell’arte fotografica si annidano fortissime diffrazioni di identità. Se il ritratto, con Barthes, è “l’avvento di me stesso come altro”, questa pratica diventa necessariamente una disciplina pirandelliana. Una ricerca di identità, tra essere e apparire, nascosta (oggi) sotto una valanga di selfie.
Scheda del libro
Titolo: Sulla fotografia
Autore: Leonardo Sciascia
Curatore: Diego Mormorio
Editore: Mimesis
Anno: 2021
Pagine: 100
ISBN: 9788857572031
Prezzo: 12 euro.
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“Come saremmo colti se conoscessimo bene solo cinque o sei libri”, scriveva Flaubert.
Luca Verrelli cerca di essere un buon lettore.