Gillo Pontecorvo, Il sole sorge ancora – La recensione del libro
Il libro, edito da Mimesis e curato da Fabio Francione, raccoglie gli articoli e gli editoriali scritti dal regista per il periodico “Pattuglia” tra il 1947 e il 1950

Nonostante il centenario della nascita appena trascorso e celebrato, la figura di Gillo Pontecorvo ha ancora un ruolo “collaterale” nel canone del cinema italiano del Novecento. Eppure un film come La battaglia di Algeri resta uno dei capisaldi della nostra cinematografia, così contraddittorio ma straordinariamente attuale (politicamente e cinematograficamente) ancora oggi. Ma non possiamo dimenticare film come Kapò (al netto delle dure squalifiche di Rivette e dei Cahiers du Cinema: ormai le abbiamo storicizzate); oppure Quiemada e Ogro, tutti film che fanno di Pontecorvo una delle voci più importanti del cinema italiano del secolo passato.
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Pontecorvo su “Pattuglia”
Il libro, curato da Fabio Francione, raccoglie gli articoli pubblicati da Gillo Potecorvo sulla rivista dei giovani del PCI “Pattuglia”, da lui diretta tra il 1947 e il 1950 (e su questa rivista si facevano le ossa, tra gli altri, i giovani Calvino e Camilleri). Questi articoli testimoniano l’esperienza giornalistica del futuro regista, nell’ambito di un impegno politico nato dalla resistenza e che proprio su “Pattuglia” troverà la sua prima incarnazione concreta. Pontecorvo arriva a “Pattuglia” e in poco tempo ne diventa direttore (andando a sostituire il poeta Alfonso Gatto); la sua direzione durerà fino a quando una vignetta non farà calare la censura di Togliatti in persona. L’esperienza di Pontecorvo col giornale finirà in quella occasione (quella col PCI, come per molti altri, avrà fine dopo i fatti d’Ungheria); e anche il giornale durerà poco, chiuderà nel ‘53, per lasciare posto ad “Avanguardia” (il cui primo direttore fu Gianni Rodari).
Giornalismo e militanza: Pontecorvo prima del cinema
Pontecorvo prima del cinema, dunque, giovane giornalista militante. E proprio sui giovani si concentrano i suoi interessi maggiori (e ai giovani era d’altronde indirizzato tutto “Pattuglia”). Dall’organizzazione delle feste e raduni di partito, ai giovani del sud e alla loro presa di coscienza; e poi le condizioni delle giovani lavoratrici e dei giovani braccianti. L’Ungheria è ancora lontana, così come il revisionismo post-staliniano e la critica all’ortodossia di partito (erano i “dieci inverni” di Fortini, ricordati nella prefazione); per cui c’è ancora spazio per una rubrica in cui si forniscono informazioni sulla vita in Unione Sovietica (referente: Enrico Berlinguer, “che è stato già tre volte nell’URSS e che quindi ha raccolto una considerevole quantità di notizie” e che “potrà rispondere ai quesiti che i nostri lettori gli sottoporranno”). Ma c’è anche un articolo sul cinema, che è già rivelatore di quel che sarà. Pontecorvo critica, secondo uno schema che avrà una certa fortuna, l’individualismo del cinema americano, e l’ideologia che ne è alla base, in cui è sempre il singolo ad essere al centro della storia (ma sarà proprio un film americano a svelare l’inganno: The secret Life of Walter Mitty).
Materiali fotografici
La seconda parte del libro è dedicata ad una “postfazione fotografica”, tra politica giornalismo e cinema. Le foto sono straordinarie: la raccolta si apre con uno scatto di Pontecorvo stesso che ritrae poeta Tristan Tzara. Seguono poi documenti della Resistenza e della militanza politica del futuro regista, tra congressi di partito e comizi. Ma ci sono anche Picasso, Joris Ivens (il documentarista autore, con Hemingway, di Terra di Spagna), René Clair, Pudovkin. E poi i colleghi, di cinema e di militanza, Aldo Vergano e Giuseppe De Sanctis; e ancora Monicelli e Franco Solinas. Chiudono il libro quattro interviste del 1947, tratte da altre testate, fatte a Jolliot Curie, Picasso, Marlene Dietrich, e René Clair.
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“Come saremmo colti se conoscessimo bene solo cinque o sei libri”, scriveva Flaubert.
Luca Verrelli cerca di essere un buon lettore.