Alessandro Bernardini, tra teatro e Suburra 3: “le mie radici prima di tutto”
Last Updated on 29/05/2019
Alessandro Bernardini sarà dal 30 maggio al 2 giugno al Teatro Lo Spazio di Roma con “Famiglia”. Poi lo attenderà il set della terza stagione di Suburra…

Dopo “Suburra La Serie – II Stagione” e “Una pallottola nel cuore 3” in tv, e dopo “Cittadini del Mondo” al cinema, Alessandro Bernardini torna al suo primo grandissimo amore, il teatro. Esattamente dal 30 maggio al 2 giugno, presso il Teatro Lo Spazio di Roma, con lo spettacolo “Famiglia”, della drammaturga e regista Valentina Esposito, fondatrice della factory Fort Apache Cinema Teatro. Ossia un progetto teatrale rivolto a detenuti ed ex detenuti per il loro inserimento nel sistema spettacolo. Lo stesso che permise ad Alessandro, cinque anni fa, di conoscere il mondo della recitazione.
Su quel palco, oltre ad Alessandro, anche Christian Cavorso, Chiara Cavalieri, Matteo Cateni, Viola Centi, Alessandro Forcinelli, Gabriella Indolfi, Piero Piccinin, Giancarlo Porcacchia, Fabio Rizzuto, Edoardo Timmi e Cristina Vagnoli. Nella pièce della Esposito, il matrimonio dell’ultima e unica figlia femmina di una numerosa famiglia tutta al maschile, diventa pretesto per riunire tre generazioni di persone legate da antichi dolori e irrisolte incomprensioni, per rimettere sullo stesso tavolo i padri dei padri e i figli dei figli, e consumare una vicenda d’amore e d’odio, sospesa tra passato e presente, sogno e realtà.
Per l’occasione abbiamo avuto il piacere di incontrare Alessandro Bernardini, a cui abbiamo posto sei domande. Per raccontarvi di lui, per scoprirlo con noi.
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Alessandro, quando è nata in te la voglia di fare teatro?
Più che come voglia nasce come necessità. Mi trovavo in misura alternativa, dopo un’esperienza carceraria. Un mio amico, che frequentava il teatro di Rebibbia, mi ha chiesto di accompagnarlo alle prove. E ho accettato. Inizialmente per sfruttare quelle ore di permesso per uscire un po’. Poi la necessità si è trasformata pian piano in voglia, fino a divenire una vera e propria passione che tuttora coltivo con grande piacere.
Raccontami la tua prima esperienza su un palco. A quanti anni, dove e… per far cosa?
La mia prima esperienza su un palcoscenico è stata circa 5 anni fa, in occasione del debutto dello spettacolo “Tempo Binario”, con la mia attuale compagnia Fort Apache Cinema Teatro. E’ stato proprio questo debutto ad accendere in me questa passione. L’emozione che ho provato quando al termine dello spettacolo c’è stato l’infinito e caloroso applauso del pubblico, seguito dai tantissimi complimenti della gente emozionata, è stato un momento indimenticabile. Avere la consapevolezza di trasmettere tanta emozione alle persone e riceverne altrettanta da loro, mi ha fatto capire quanto potente sia il teatro.
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Il teatro, soprattutto in Italia, significa anche sacrificio. A cosa, invece, non rinunceresti mai per il successo?
Sacrificio è la parola giusta ma, come in ogni cosa, il sacrificio si ripaga con la soddisfazione. Pian piano sto capendo che il mondo del teatro è difficile, perché a differenza del cinema non genera lo stesso indotto economico e mediatico. E, di conseguenza, vive nell’ombra. Purtroppo oggi giorno si pensa più al ritorno economico, trascurando spesso l’arte nella sua forma più poetica.
Non rinuncerei mai alle mie radici. Nel corso della vita si fanno tanti cambiamenti: dalla scuola si passa al lavoro, da figlio si passa a genitore. Tutto fa parte della vita, ma non si deve mai dimenticare da dove si viene e chi si è veramente. Io non diventerò mai qualcun altro. Mi adeguerò, se sarà necessario, ma rimarrò sempre me stesso.
Finora in TV ti abbiamo visto in personaggi molto duri. Se potessi decidere tu, quale ruolo, magari di rottura, ti piacerebbe ricoprire prossimamente?
Si, è vero, finora ho interpretato spesso ruoli da “duro”, per via del mio viso greve. Ma in teatro rappresento anche ruoli di altra natura. Nell’ultimo cortometraggio a cui ho partecipato interpreto il ruolo di un uomo di mezza età con caratteristiche lontane dal solito criminale. Un giorno mi piacerebbe avere un ruolo in una commedia, perché, anche se non sembra, mi piace ridere e far ridere. Il buonumore è il condimento giusto per dare un buon sapore alla vita.
Teatro significa non tanto osservazione quanto ascolto: c’è qualche detenuto che hai incontrato a cui vorresti dire qualcosa?
Con la nostra compagnia abbiamo realizzato un film che si intitola “Ombre della Sera”, che tratta l’argomento delle affettività nel mondo carcerario. Giriamo l’Italia proiettandolo nelle carceri di tantissime città e al termine della proiezione facciamo dibattiti con i detenuti e con il personale degli istituti. Il messaggio che ne esce è quello di tenere duro e credere che esista sempre una via di uscita dalle situazioni negative. Basta volerlo e crederci!
Progetti futuri?
A luglio lavorerò in una serie TV molto attesa di cui non posso ancora dir nulla. Poi tornerò a lavorare ad un’altra a cui sono molto legato. Quella a cui sono molto legato è ovviamente Suburra, la terza stagione. C’è tanta gente che la sta aspettando e, insieme a loro, l’aspetto anche io. Anche io non vedo l’ora di scoprire il seguito delle vicende di Aureliano, Spadino e di tutti gli altri.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.