Gianmarco Saurino: “La libertà? Un parolone abusato, che fa paura”
Ha debuttato a Roma, nel corso del Lunga Vita Festival, “Contro la libertà”, il nuovo lavoro della compagnia Divina Mania, con Gianmarco Saurino, Mauro Lamanna ed Elena Ferrantini

Ha debuttato a Roma, nel corso del Lunga Vita Festival, “Contro la libertà”, il nuovo lavoro della compagnia Divina Mania. Sette quadri, sette storie, sette scene surreali. Sempre, però, con la stessa domanda, “che cos’è la libertà?”, come leit motiv. Sviscerando elementi e risposte dalla politica alla religione, dalla finanza all’arte, Mauro Lamanna, Gianmarco Saurino ed Elena Ferrantini propongono le loro personali chiavi di letture. Possibili interpretazioni che rispecchiano esattamente chi siamo e dove stiamo andando. Tutti.
Firmata dall’autore catalano Esteve Soler, la piéce teatrale è andata in scena all’Accademia Nazionale di Danza. Per l’occasione abbiamo incontrato il bravo Gianmarco, 26 anni, noto per i suoi ruoli nelle fiction tv Che Dio ci aiuti e Non dirlo al mio capo. Gli abbiamo fatto cinque domande. Per raccontarci la sua idea di libertà. Nonché dei suoi esordi e degli obiettivi di questo suo cammino.
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Cinque domande, tra passato e futuro, a Gianmarco Saurino
Contro la libertà: sette storie, sette domande. Quale messaggio vorresti lasciare allo spettatore che viene a vederti?
Non sono sicuro ci sia un messaggio preciso dentro “Contro la libertà”. Sono più convinto che si tratti di un’atmosfera, di un magma, di una sensazione che perdura per tutto lo spettacolo e che mette in relazione tutti i personaggi l’uno con l’altro. La sensazione che stiamo perdendo: qualcuno, qualcosa, ma che nell’infinito gioco della vita, le nostre pedine sono già quasi tutte mangiate.
Cosa è per te la libertà?
Libertà è partecipazione, cantava un genio della musica italiana. E noi la fischiettiamo, con doveroso rispetto, in uno dei sette quadri. Libertà è un parolone, spesso abusato. Ultimamente fa quasi paura perché qualcuno se ne appropriò indebitamente per farci un partito politico, senza capire che la libertà non può avere colore o fazione o banda o inclinazione. La libertà nella sua interezza è come la solidarietà, l’umanità, l’eguaglianza, la fraternità: imprescindibile dalla vita di tutti i giorni. Troppo ci siamo assuefatti alla possibilità di essere liberi che ignoriamo quei piccoli aspetti della vita in cui viene puntualmente meno.
Quando ti sei accorto di avere una vocazione per il teatro?
Credo poco a quelli che parlano di fuochi fatui, illuminazioni e epifanie. Io mi divertivo, ho sperimentato mestieri diversi, mi sono immaginato da grande in prospettive diverse, ma quando è arrivato il momento di decidere come improntare gli studi e tutto quello che ne succede, la risposta è arrivata così spontaneamente che non ho potuto far altro che seguirla. La recitazione è il mio coniglio bianco che urla tic tac. E non si ferma.
Il primo palco che hai calcato: quali emozioni e con chi le hai condivide?
Ho iniziato piccolissimo in progetti piccolissimi ma che per me valevano tanto, proprio perché giocavo e basta senza pensare a null’altro che a quello. Poi il primo laboratorio che ho frequentato nella mia città, mi ha aperto le porte di un teatro fatto con passione e dedizione e meticolosità e da allora queste condizioni sono diventate il mio manifesto. Emozioni e sensazioni infinite e contrastanti: paura, ansia, formicolii vari ma anche tanto sangue delle vene, che scorre all’infinito e al contrario e adrenalina: e poi pace.
Prossimi progetti?
Vengo da 7 mesi intensissimi di teatro, con varie repliche di due vecchie produzioni che ancora riscuotono successo, due finali importanti – al Fringe Festival di Roma e al Premio Scenario, e 3 debutti nazionali tra cui “Perchè leggere i classici” da Calvino con Francesco Montanari che ha debuttato al Teatro Vittoria nella stagione 18/19, “L’uomo più crudele del mondo” per la regia di Davide Sacco che ha debuttato al Festival AstiTeatro poche settimane fa e “Contro la Libertà” di cui parlavamo. Ora altrettanti mesi di televisione, con due progetti nuovi e molto interessanti.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.