Cinque film prodotti dall’A24, tra metamorfosi ed esistenza umana
Last Updated on 06/10/2022
5 film prodotti da A24, tra metamorfosi ed esistenza umana che, rivoluzionando la rappresentazione cinematografica, aggiungono nuove pagine alla sua storia. Parliamo di Lighthouse di Robert Eggers, The lobster di Yorgos Lanthimos, Midsommar di Ari Aster, Uncut gems di Josh Safdie e Benny Safdie, Hereditary di Ari Aster…

5 film prodotti da A24, tra metamorfosi ed esistenza umana che, rivoluzionando la rappresentazione cinematografica, aggiungono nuove pagine alla sua storia. Parliamo di Lighthouse di Robert Eggers, The lobster di Yorgos Lanthimos, Midsommar di Ari Aster, Uncut gems di Josh Safdie e Benny Safdie, Hereditary di Ari Aster.
Lighthouse di Robert Eggers (2019) con Williem Defoe e Robert Pattinson

Il buio della follia infernale non é mai stato tanto vicino alla luce. Un faro, il suo mare, la sua luce, i suoi uomini sono gli elementi che si incastrano nella logica del disordine. Nel continuo contrasto del bianco e del nero si materializza l’espressione vivida della follia, un fuoco di umana, ma a tratti no, miseria ed angoscia. Due uomini confinati e prigionieri della mistica luce di cui sostengono il potere, che alimentano e venerano, affrontano il caos di un conflitto riscaldato dal sangue del male.
Una piccola opera brillante nella sua visionarietà espresionistica in cui lo spettatore è richiamato a partecipare alla non azione, nelle fitte e compulsive dinamiche dell’assurdo. L’alternarsi dei caratteri e dei ruoli dei due uomini, nel loro surreale dialogo continuo, attacca con precisione la facoltà cognitiva spettatoriale della comprensione. Al punto in cui la realizzazione estrema della loro trasformazione kafkiana si compie nella grottesca rappresentazione del mostro. Un film di A24 che intrappola l’animo nel profondo, proiettandolo lì sulla scena con loro; con un William Defoe I cui occhi come non mai bruciano cosi infuocati e luminosi.
The lobster di Yorgos Lanthimos (2015) con Collin Farrell, Rachel Weisz, Léa Seydoux e Jessica Barden

In una realtà distopica costruita su assurde e disumane categorizzazioni sociali, gli uomini che non vivono in una relazione umana sono “deportati” in un albergo finalizzato all’accoppiamento stabile tra loro. Il successo risiede nell’amore, unica salvezza per gli uomini, i quali esaurito il tempo di socializzazione disponibile vengono trasformati in animali. Qui la libertà si intreccia con il tema della natura, una natura violata, amputata alla radice. La storia segue l’avventura di David (Collin Farrell) nell’albergo, che tra violenza e resistenza, lo condurrà tra le braccia di un amore vero, quello per una donna cieca ( Rachel Weisz) .
I tempi della narrazione seguono l’atmosfera dello spazio, con il quale si fondano in un continuum visivo. Tuttavia la pace deviante che controlla l’azione, grazie alla magia di forti contraccolpi visivi, acquisisce un ritmo perturbante. La morte infatti scorre senza freno o mediazione, capita di morire così come di vivere. Non assistiamo alla metamorfosi della uomo in bestia, ma a quella dell’umanità intera.
A24 – Midsommar di Ari Aster (2019) con Florence Pugh, Jack Reynor e Isabelle Grill

L’horror muta la sua forma alleggerendola dal peso della oscurità, qui il male consuma i suoi orrori sotto la luce divina del sole. I colori scintillano vivaci, i fiori propiziano, la comunità sorride e accoglie la vita con la gioia di uno spirito libero e trascendente, le vecchie ostetriche infine raccolgono il seme coltivato con tanto amore, quello del diavolo. Un film la cui visionarietà trasporta lo sguardo in una dimensione ritualistica in cui si realizza un contatto viscerale con il macabro e l’assurdo. Non quindi una storia di violenza fanatica iniziatica e di vittime, qui andiamo ben oltre. Raggiungiamo la mente stessa di quelle vittime in connessione tuttavia con quelle dei carnefici.
La natura e il male dialogano ancora, ma stavolta in un viaggio ipnotico e surreale che riproduce gli effetti dell’ lsd. Disancorando l’uomo dalla terra e dalla vita, per poi ricondurlo proprio lì da dove veniva, ma trasformato. Torna insistente infatti il tema della metamorfosi come ritorno della natura umana alle sue primordiali origini bestiali. Ecco quindi un cinema che respira nel cerchio di una nuova esistenza, quella in cui il fuoco e gli animali danzano con la follia degli uomini.
Uncut gems di Josh Safdie e Benny Safdie (2019) con Adam Sandler, Julia Fox e Idina Menzel

Da poco uscito su Netflix, questo film di A24 mette in scena lo squilibrio della vita di Howard (Adam Sandler), un ebreo scommettitore e gestore di un banco di pegni in America. Un film senza pause in cui la vita scorre inesorabile fino alla sua fine. Questo grazie ad una regia che sa sperimentare, in funzione della sensazione e del sentimento spettatoriale, il suo dispositivo cinema. Capace di entrare nel vivo dei processi naturali e umani. Entriamo così in contatto con la frenesia dell’esistenza affannante attraverso la velocità del suo ritmo.
Un montaggio quindi che spezza la linea del pensiero restituendo quella della realtà, incontrollabile e inarrestabile. Di fronte all’imprevedibilità del destino il giocatore azzarda. Qui risiede la magia dello spettacolo, quello di un uomo, che non per coraggio ma per necessità, sfida la natura umana fino alle sue estreme conseguenze. Lo spettatore percepisce lo stimolo dell’azzardo, gioca e rischia la vita insieme ad Howard.
Hereditary di Ari Aster (2018) con Toni Collette, Milly Shapiro e Alex Wolff

La casa di produzione A24 realizza un altro esperimento cinematografico all interno del genere horror. La macchina da presa stavolta si affaccia sulla casa di una famiglia, il cui destino sarà macchiato dal maligno. È infatti una maledizione spettrale, eredità dalla madre da poco morta di Annie Graham (Toni Collette), quella che si abbatte sul triste destino della famiglia. In un crescendo ossessivo e maniacale di orrore e oscurità, il volto di Annie Graham sarà la meta ultima del demonio.
Il perturbante supera la prova del terrore, la protezione famigliare diviene quindi focolaio dell’inferno che prolifera come una serpe dietro gli occhi dell’anima. La trasformazione annunciata in entità demoniaca di Annie, grazie alla sua interpretazione allucinante, non scade nel prevedibile, ma soddisfa le aspettative dell’irrappresentabile. Dà quindi volto ed espressione all oscurità dell’invisibile.
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Classe 1996 , laureato presso la facoltà di lettere e filosofia. Il mio interesse per l’arte, declinata nella forma dell’immagine, ha suscitato in me il desiderio di osservarla e amarla attraverso una continua ricerca e analisi delle sue forme e significati. Influenzato dalla magia del rito teatrale ricerco nel cinema quella stessa capacità di trasportare lo sguardo dello spettatore aldilà della rappresentazione.