Oscar italiani – 8½ di Federico Fellini: la vita diventa arte, l’arte vita
Last Updated on 10/07/2020
8½ di Federico Fellini (1963), premio Oscar come miglior film straniero. Un’opera che ha saputo dare all’arte la forma della vita e alla vita quella dell’arte. Con Marcello Mastroianni, Claudia Cardinale, Sandra Milo e Anouk Aimée.

8½ di Federico Fellini (1963) fu premio Oscar nel 1964 come miglior film straniero e per i migliori costumi (a Piero Gherardi). Un’opera che ha saputo dare all’arte la forma della vita e alla vita quella dell’arte. Con Marcello Mastroianni, Claudia Cardinale, Sandra Milo e Anouk Aimée.
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8½, un racconto autobiografico
Fellini ancora una volta grazie alla magia del suo cinema offre al mondo un film, “8 e mezzo”, dove la vita incontra l’arte. Qui tuttavia la realizzazione di tale incontro non si limita a costituirne le modalità rappresentative ma si identifica con il suo principio strutturale. È infatti il soggetto stesso del racconto. Questo si declina quindi nella storia metacinematografica di Guido Anselmi (Marcello Mastroianni), regista in crisi creativa, impegnato alla realizzazione di un nuovo film. Un’avventura dove la libertà e il genio artistico del regista sarà messo a dura prova da una realtà fatta di superficiale immagine, nemica dell’essenziale autenticità dell’esistenza.
Il sogno, la fuga, il caos
Nella caotica dimensione del reale non resta altra fuga che l’immaginazione, il sogno. Spazio vitale per l’artista in cui i ricordi del passato si fondono con le attese del futuro e le coordinate della logica svaniscono nel disordine dell’essere. Qui L’uomo-artista sembra però affogare insieme alla carismatica forza della sua identità. Il fascino del suo sguardo si riempie di calda assenza. La regia di Fellini, grazie all’uso del montaggio, fonde i piani del reale con quelli del fantasmagorico restituendo allo spettatore la vivida sensazione del sogno. Dove lo spazio e il tempo dialogano nell’incessante moto del caos inconscio.
Il fallimento della rappresentazione
Ecco allora che la realizzazione del film diviene metafora della necessità umana di dar un senso, una definizione, all’esistenza; Eppure il genio visionario, qui parliamo dello stesso Fellini, potrà giungere all’unica possibile conclusione: L’irrealizzabilità di quella ricercata unità di senso, il fallimento della sua rappresentazione. Non resta allora che l’amore per la vita stessa, per lo sfarzo, per la poetica confusione in cui il mondo partecipa del metafisico vuoto. Lo sguardo del regista abbandona allora la rappresentazione e attraverso la sola arte della presentazione realizza il suo progetto.
“Nella magia dello spettacolo”
La parata caotica della scena finale, in cui gli uomini danzano privi di un copione, acquisisce allora il valore ultimo della realtà. Qui si compie il miracolo del cinema felliniano. Il reale incontra quindi l’assurdo, l’acqua santa la medicina, la femminilità incontra la maschera sessuale, Il falso il vero, il bello il brutto e finanche il tutto incontra il nulla. La totalità del contrasto si ricongiunge allora nel cerchio dell’esistenza al punto in cui il confine della forma sfuma nel libero caos gioioso della natura: quindi nella magia dello spettacolo.
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Classe 1996 , laureato presso la facoltà di lettere e filosofia. Il mio interesse per l’arte, declinata nella forma dell’immagine, ha suscitato in me il desiderio di osservarla e amarla attraverso una continua ricerca e analisi delle sue forme e significati. Influenzato dalla magia del rito teatrale ricerco nel cinema quella stessa capacità di trasportare lo sguardo dello spettatore aldilà della rappresentazione.
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