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Oscar italiani – La strada (1954) di Federico Fellini: un viaggio tra le piaghe più intime e sacre del sentimento

Last Updated on 19/12/2020

La strada (1954) di Federico Fellini, vincitore dell’Oscar come miglior film straniero, è un viaggio tra le piaghe più intime e sacre del sentimento. Il film che, grazie all’espressione umana, celebra l’autentica verità dell’amore. Con Giulietta Masina, Anthony Quinn e Richard Basehart.

La strada (1954) di Federico Fellini, vincitore dell’Oscar come miglior film straniero, è un viaggio tra le piaghe più intime e sacre del sentimento. Il film che, grazie all’espressione umana, celebra l’autentica verità dell’amore. Con Giulietta Masina, Anthony Quinn e Richard Basehart.

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“Una piccola avventura ma grande quanto la vita”

Federico Fellini con “la strada” racconta il dramma più sincero e umano della sua carriera. una piccola avventura ma grande quanto la vita, la cui malinconica tragicità che la abita non è mai stata tanto dolce e luminosa. Grazie alla magica realtà del suo cinema quindi Fellini immortala e nutre la più eterna ed arcaica luce dello spirito; quella riflessa nella profondità dello sguardo. Rinchiudendo così, all’interno della trama del racconto, le segrete ed invisibili strade dell’anima. Quelle che si svelano solo attraverso il cammino crudele della conoscenza umana e che il poeta riesce a cogliere tra le piaghe intime e sacre del sentimento.

Tra gioia e dolore, forza e fragilità

I personaggi della storia allora se pur identificabili chiaramente nell’apparenza della loro natura, un insensibile e violento mercenario del circo, Zampanò (Anthony Quinn), e la sua innocente assistente degli spettacoli, Gelsomina (Giulietta Masina), donano al loro pubblico e al mondo qualcosa che sfugge alla chiara leggibilità dei loro vincoli professionali e dei loro ruoli sociali; cioè il loro volto. Autentica, in questo risiede il genio felliniano, espressione dell’inespresso. Così che dalla forza bruta e cieca dell’uomo-bestia risorge con puerile vergogna la fragilità indifesa del cuore e dalla tristezza più misera e candida della donna-bambina la purezza della gioia, la speranza. Da questa chiastica costruzione dei caratteri emergeranno le più inaspettate rivoluzioni dell’anima, quindi tutto lo splendore di quella tenera umanità spogliata dalle sue maschere. libere di vivere e di morire fino alla follia della trasformazione.

Gelsomina (Giulietta Masina), il favoloso racconto di un volto

Un crescendo drammatico destinato al fine tragico che lascia l’impronta della sua ombra dal cuore fino alle stesse carni dei suoi attori, cariche del peso, reso palpabile e materiale, del dolore e dell’angoscia. Le morbide e timide linee del volto di Gelsomina, diventano quindi esse stesse la tela bianca su cui inscrivere il ritratto dell’instabile corso della psiche; il dolore sfuma cosi in gioia e l’amore in odio. Eppure, grazie al meraviglioso e delicato tocco unico della leggerezza registica felliniana, lo sguardo in scena della moglie del regista, Giulietta Masina, resta misticamente sospeso in una condizione eterea di metafisico equilibrio tra gli stai emotivi che lo coinvolgono. Fellini quindi racconta un dramma ma attraverso la semplice armonia melodica di una favola, quella che il viso di Gelsomina ci racconta con la spontaneità della sua infantile purezza.

Un triste destino romantico

“la strada” dunque è l’opera che si eleva al più romantico tratto con cui Fellini disegna l’esistenza. Perché riconduce rumorosamente la dimensione del freddo reale verso quella del sentimento, cioè l’autentica verità dello spirito. Forse, ascoltando la teoria religiosa finalistica del “matto” (Richard Basehart), aiutante buono nella triste favola, ogni cosa è destinata ad uno scopo determinato, forse anche questa triste storia di amore e odio.

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