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Storia del cinema (1) – 8 film per cinefili degli Anni Cinquanta, da Le notti di Cabiria a La finestra sul cortile

Last Updated on 19/06/2020

Continuano i nostri consigli cinefili per queste lunghe giornate a casa. Anche oggi vi raccomandiamo qualche film da vedere, rivedere e recuperare. Focus questa volta sugli anni Cinquanta, con capolavori quali L’avventura, Le notti di Cabiria, Pickpocket, Un uomo tranquillo, La donna che visse due volte, L’infernale Quinlan, La finestra sul cortile e I soliti ignoti

Continuano i nostri consigli cinefili per queste lunghe giornate a casa. Anche oggi vi raccomandiamo qualche film da vedere, rivedere e recuperare. Focus questa volta sugli anni Cinquanta, con capolavori quali L’avventura, Le notti di Cabiria, Pickpocket, Un uomo tranquillo, La donna che visse due volte, L’infernale Quinlan, La finestra sul cortile e I soliti ignoti.

Leggi gli altri consigli cinefili della rubrica #Iorestoacasa

L’avventura di Antonioni

L’avventura è uno dei film italiani che hanno fatto la storia del cinema mondiale. Un capolavoro da non perdere che racconta il vuoto dell’esistenza attraverso la magia dell’immagine. Infatti il gioco tra le luci e i volumi degli spazi diventa, come Scorsese ha notato, arte analitica capace di comunicare più della parola. Michelangelo Antonioni, partendo dalla vicenda della misteriosa sparizione di una ragazza, Anna (Lea Massari) in gita in barca con i suoi amici, mette in scene il suo primo dramma dell’incomunicabilità. Un’ avventura nata dalla ricerca di una donna, diviene metafora di quella di sé stessi. I personaggi infatti gradualmente acquisiscono coscienza della loro condizione esistenziale. Si scopre così la natura vuota delle parole e le ipocrisie delle apparenze borghesi. Fino al punto in cui i rapporti umani cedono il passo alla solitudine dell’ego e all’insoddisfazione dei suoi desideri.

Le notti di Cabiria di Federico Fellini

Fellini firma la storia di una giovane prostituta dai tratti fanciulleschi e puri, la cui vita è vittima delle sue stesse speranze tradite. lontana dalla classica caricatura deformante e mitica con cui Federico Fellini rappresenta i caratteri dei suoi personaggi, Cabiria (Giulietta Massina) vive in aperta contradizione con la sua professione. L’ingenuità leggera di una giovane donna si scontra quindi con il mondo in cui vive. Un contrasto dal quale emerge grandiosamente la delicatezza e la fragilità sensuale della donna. La morbida innocenza espressiva del suo viso ha conquistato i cuori dell’italiani segnando il panorama della storia del cinema italiano.

Pickpocket di Robert Bresson

Pickpocket, il film di Robert Bresson in cui lo spettatore assiste “di persona” alla concretezza della vita dannata di Michel (Martin LaSalle). Protagonista assoluto del suo male, nel solo atto del rubare riesce ad affermare la propria esistenza. Un atto quindi esistenziale prova della condizione di prigionia in cui il suo animo riversa. Grazie ad una regia che coglie l’essenzialità degli eventi, le azioni criminali appaiono libere da qualsiasi giudizio morale.

Assistiamo dunque alla nudità della rappresentazione. In funzione della quale il dispositivo cinematografico compie un lavoro di ripresa quasi scientifico. Procedimento tipico della caratterizzazione dei personaggi bressoniani è il loro cammino di redenzione. Interviene a tale scopo il valore dell’amore nei confronti di una giovane ragazza madre. Un film che non indaga sull’attività criminale in sé, ma ne esplora la natura dall’interno della dimensione umana più celata: l’inconscio.

Un uomo tranquillo di John Ford

John Ford, il regista che ha saputo tradurre in cinema la storia del suo paese, dei valori e dei principi dell’America, sposta la sua telecamera in Irlanda. Il film è una commedia d’amore che racconta la storia di Sean (John Wayne), pugile la cui carriera si ferma a causa di un incidente. Sean ritorna quindi nella sua terra natia, l’immaginario villaggio di Innisfree, in cerca di una vita serena. Qui la sua storia incontrerà quella della bellissima Mary Kate (Maureen O’hara), di cui si innamorerà e ne chiederà la mano a fronte di tutte le difficolta imposte. Con il tipico atteggiamento dei personaggi fordiani, legato al coraggio e alla giustizia, Sean riuscirà a conquistare il suo spazio all’interno di un mondo sano dai tratti bucolici. Appare chiaro il confronto culturale con la tradizione americana, eppure quei valori fondanti vengono preservati, se pur all’interno di una cornice nuova.

La donna che visse due volte di Alfred Hitchcock

Hitckcock con La donna che visse due volte raggiunge l’apice della sua carriera sotto il profilo strutturale e stilistico, sintetizzando e tenendo insieme i tratti comuni del suo fare cinema. Ecco che l’elemento della sorpresa si fonde a quello della suspance trasportando lo spettatore in una dimensione instabile a metà tra il sogno e il reale. La storia del ex poliziotto John “Scottie” Ferguson (James Stewart), il cui passato è segnato da un tragico incidente, si intreccia con la follia del mistero incarnato nell’affascinante figura femminile di Madeleine (Kim Novak). La donna infatti rivede sé stessa nell’immagine e nel destino di Carlotta Valdes, una sua bisnonna morta un secolo prima suicida.

Ricorre quindi il tema del doppio, portando con sé tutta la sua carica perturbante. Anche il tema del vuoto, sul duplice e intrecciato piano esistenziale e spaziale, torna sullo schermo. Basta ricordare il vuoto in cui il protagonista cade durante un incubo. Vediamo come la sequenza vertiginosa trasforma l’immagine in paura percepita fisicamente. Questo grazie al movimento da montagna russa della camera di Burks sincopato dall’ossessione musicale di Bernard Herrmann. Un film che sa sconvolgere lo sguardo e la mente dello spettatore interrogandolo sul valore inconscio della perdita e dell’amore.

L’infernale Quinlan di Orson Welles

il cinema di genere incontra Orson Welles con L’infernale Quinlan. Tratto dal racconto di Wade Miller (pseudonimo degli autori Robert Wade e H. William Miller), badge of evil. Sceneggiatura, scritta in 17 giorni, e regia, celebre l’uso della profondità di campo e del grandangolo, dipingono un mondo dalle fattezze basse, quello del confine tra l’America e il Messico. Qui il punto di vista dei personaggi alterna la frenesia delle luci e delle ombre. il tema del basso è così affrontato con quel gusto tipicamente pulp che muove nella direzione della semplicità immediata. mostra lo scandalo con leggerezza e il male diventa parte naturale della vita. Una visione quindi baroccheggiante dell’esistenza, centrale nella sua poetica, che attraverso la potenzialità della creazione cinematografica ridefinisce i tratti della realtà. Orson Welles rimodella il genere del noir offrendo alla storia del cinema un diamante grezzo del pulp. un’anteprima del genere che possiede già in sé i tratti del post modernismo. Questo grazie alla sua capacità di rivisitazione e rielaborazione degli stili e contenuti, come quelli propri del panorama cinematografico noir.

La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock

Rear window è quel film che, raccontando una storia, parla di cinema. Il genio di Hitchcock consiste nel saper trasformare gli elementi usati in funzione narrativa in simboli celebrativi dello sguardo cinematografico. L’incipit del film stesso è una dichiarazione di intenti programmata. Così che le tende, che come un filtro coprono la visione chiara del fuori, gradualmente si alzano preparando lo sguardo alla rappresentazione. Segue l’occhio della macchina da presa che si avvicina alla finestra, la scena è pronta. Attraverso lo sguardo meccanico della macchina fotografica di Jeff (James Stewart) lo spettatore assiste alla proiezione.

Uno sguardo potente, superiore di quello antropologico, che penetrando visivamente la realtà, raddoppia e allude a quello del cinema stesso. Oltre l’oggettivazione del funzionamento delle potenzialità tecniche della macchina cinema è presente un altro tema caro alla dimensione cinematografica: L’esibizione del rapporto spettatoriale e il suo fondamentale carattere voyeuristico. Lo spettatore infatti condivide la stessa condizione di sguardo di Jeff. Osservatore distante dall’azione e impotente davanti ad essa, gode del piacere di vedere senza essere visto. Il genio della suspance dimostra ancora di saper giocare con lo spettatore, di metterlo in pericolo e minacciarlo anche se distante dalla realtà rappresentata.

I soliti ignoti di Mario Monicelli

I soliti ignoti di Mario Monicelli è quel film in cui l’interpretazione comica del mattatore, Vittorio Gassmann, conquistò per la prima volta il cinema, vincendo un Nastro d’Argento. Con Claudia Cardinale, Marcello Mastroianni, Renato Salvatori e Totò nella parte del “Maestro”, un cast vincente che fa del film la chiave del suo successo. Un gruppo di rapinatori impacciati e senza arte tenta il colpo della vita. Riuniti dal “er pantera”, l’esilarante bel pugile senza talento interpretato da Vittorio Gassmann, il gruppo pianificherà la rapina alla sede del Monte di Pietà. Alla fine, aiutati dall’insegnamenti del ladro in pensione Dante Cruciani, il “Maestro” (Totò), il tentativo criminale dei cinque sgangherati si concretizzerà. Tuttavia il bottino sarà una bella mangiata di pasta e ceci. Un’esplosione di comicità all’insegna del gusto della commedia all’italiana.

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