Cinque film che celebrano la poetica dei fratelli Coen, tra racconto e umanità
Last Updated on 26/03/2021
Non è un paese per vecchi, Fratello, dove sei?, Il grande Lebowski, Burn after reading, Fargo: cinque imperdibili film dei fratelli Coen…

Non è un paese per vecchi, Fratello, dove sei?, Il grande Lebowski, Burn after reading, Fargo: cinque imperdibili film dei fratelli Coen…
Non è un paese per vecchi (2007) con Javier Bardem e Josh Brolin

Vincitore di 4 premi Oscar, il tredicesimo film dei Coen macchia l’immagine filmica con la morte, necessaria o meno, in un conseguirsi di eventi di fronte ai quali l’uomo è impotente. un misterioso e disumano killer (Javier Bardem) lasciando dietro di sé una lunga scia di sangue dà la caccia all’”onesto” llewelyn Moss (Josh Brolin). Il quale, colpevole di essersi appropriato di 2 milioni di dollari, trovati nel deserto sulla scena di un crimine, sarà la causa di tragiche inevitabili conseguenze. in un western moderno dalle tinte noir il principio della causa-effetto incontra quello della casualità dell’esistenza. Il killer è infatti arma e personificazione di tale condizione. Attraverso l’espediente della cieca violenza i Coen portano sullo schermo con severissima e spietata freddezza l’assenza della giustizia intesa moralmente. La vita stessa è il killer che agisce in nome del caso.
Fratello, dove sei? (2000) con George Clooney, Tim Nelson e John Turturro

Dal caos espresso attraverso la violenza di “non è un paese per vecchi” e “Fargo” a quello all’insegna della comica leggerezza dell’esistenza. Un racconto che ricalca apertamente in chiave ironica l’Odissea di Ulisse, trasformando tuttavia il valore dell’epicità in quello della chiassosa semplicità umana. L’avventura di tre galeotti, Ulisse Everett (George Clooney) Delmar (Tim Nelson) e Pete (John Turturro), sfuma nel disordine degli eventi. Da rocambolesche fughe agli incontri con personaggi-caricature, musicisti, ladri, truffatori, poliziotti e ninfee incantatrici. Sulle note country le tappe del viaggio “epico” divengono simbolicamente i luoghi in cui l’esistenza realizza la sua natura surrealmente caotica. Da qui l’apparente insensato errare, che allontana gli eroi dal ritorno a casa, altro non è che la brillante e felice messa in scena della condizione umana.
Il grande Lebowski (1997) con Jeff Bridges e John Goodman

I fratelli Coen, attraverso una storia che ruota su se stessa, mettono in scena il viaggio dell’immobilità. Qui i personaggi sono le vittime inconsapevoli della loro stessa incorreggibile natura. Lebowski il drugo (Jeff Bridges) un hippie nichilista si muove all’interno della realtà con ironica e disillusa accettazione. Atteggiamento dal quale emerge un’identità libera perché consapevole della sua condizione di relatività. Un eroe moderno quindi perché privo di ogni maschera sociale, sincero. In aperta contrapposizione con il mandante della sua avventura, un uomo schiavo dell’immagine di se stesso. Espressione ultima della crisi identitaria dell’uomo moderno. Alla fine del cammino compiuto dallo spettatore insieme ai personaggi non c’è crescita né evoluzione. La condizione della loro identità rimane quindi immobile se pur agitata dalla rumorosa tempesta della vita. Rimane infondo solo il disinteressato piacere di vivere.
Burn after reading (2008) con Brad Pitt e McDormand e John Malchovic e George Clooney

in “Burn after reading” la poetica della casualità svela la mancanza di senso esistenziale e riduce il reale alla caotica forma dell’imprevedibile. le trame interne legate alle vicende dei personaggi, in un procedimento tipico del post modernismo, si ricongiungono drammaticamente con esiti del tutto inaspettati. Cosi che in un vortice grottesco di eventi drammatici la realtà riconquista il potere della sua ineffabilità. Ecco come L’individuo in solitudine sperimenta l’irrealizzabilità della sua volontà. I Coen portano quindi sullo schermo il caos come valore ultimo e principio unico governatore del reale. un film in cui emerge l’autenticità della vita nella sua forma più pura, il cui senso è affidato al non senso. Non c’è Dio né morale.
Fargo (1996) con Franches McDormand, William H. Macy e Steve Buscemi

L’untile e la stupidità umana sono i protagonisti che danno vita alla storia criminale consumata nella tranquilla e fredda città di Fargo. Dove una tentata e rocambolesca messa in scena di rapimento per soldi si trasformerà in una lunga e grottesca sequenza di omicidi. I tempi narrativi di un classico poliziesco, conditi dal tocco ironico e nichilistico dei fratelli, scandiscono le indagini della detective incinta Marge Gunderson (Franches McDormand). Qui la tragicità dell’insensatezza umana svuota la morte di ogni significato. Fino al punto in cui lo spettatore è costretto ad interrogarsi sul valore stesso della vita. Ma è l’arte del saper raccontare la chiave di successo di ogni loro storia. Questa è la vita stessa del racconto in tutta la sua semplicissima umanità.
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Classe 1996 , laureato presso la facoltà di lettere e filosofia. Il mio interesse per l’arte, declinata nella forma dell’immagine, ha suscitato in me il desiderio di osservarla e amarla attraverso una continua ricerca e analisi delle sue forme e significati. Influenzato dalla magia del rito teatrale ricerco nel cinema quella stessa capacità di trasportare lo sguardo dello spettatore aldilà della rappresentazione.
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