Giovanna Noia: “L’arte è uno spazio libero per la scoperta dell’ignoto”
Dalla realtà al sogno/incubo: per le sue opere d’arte Giovanna Noia parte da immagini preesistenti, come fotografie e fotogrammi. Poi se ne appropria, e le immerge/ricrea in un mondo che non esiste, onirico, combinando realismo e astrazione. Il risultato è qualcosa di surreale e destabilizzante…

Dalla realtà al sogno/incubo: per le sue opere d’arte Giovanna Noia parte da immagini preesistenti, come fotografie e fotogrammi. Poi se ne appropria, e le immerge/ricrea in un mondo che non esiste, onirico, combinando realismo e astrazione. Il risultato è qualcosa di surreale, destabilizzante, pericoloso, anche quando raffigurano immagini riconoscibili e quotidiane, come figure umane ed edifici. Si avverte talvolta anche una corrente sotterranea più profonda e oscura, che sottintende a qualcosa che, a primo impatto, appare innocente…
Leggi le altre interviste di Uozzart.com
Cosa è l’arte per te?
L’arte è creare mondi. Mostrare le proprie visioni, mettere una luce su ciò che è poco visibile. È la possibilità di osservare il reale, farlo a pezzi e restituirlo trasformato. Uno spazio di libertà dunque, ma anche di scoperta dell’ignoto, perché mentre dipingo è la sostanza stessa della pittura che mi indica dove va cercato il significato.
A quando risale, e cosa disegnasti, il tuo primo approccio con l’arte?
Da piccola passavo molto tempo da sola a osservare piante e insetti. Con gessetti di colori diversi tracciavo i percorsi delle formiche sull’asfalto. Quello che veniva fuori furono probabilmente i miei primi disegni. Alcuni insetti li catalogavo per colore e tipologia, tenendoli all’interno di barattoli con le piante di cui si nutrivano. Avevo decine di questi barattoli nascosti in un posto segreto. Ripensandoci, le considero le mie prime opere.
Chi consideri i tuoi maestri?
Sono tanti, e cambiano a seconda dei momenti. Preferisco citare i contemporanei: Marlene Dumas, Peter Doig, Luc Tuymans, Mamma Anderson, Elizabeth Peyton, Wilhelm Sasnal, Neo Rauch.
Quanto nelle tue opere conta il dettaglio e quanto la sensazione?
Non c’è separazione. La cura del dettaglio è funzionale alla sensazione che mi attraversa. Sono due elementi compresenti, l’uno necessario all’altro.
Tre delle tue opere a cui sei più affezionata e perché?
Family Home 130×160 olio su tela 2019 – È un’opera alla quale sono legata perché realizzata all’interno del Macro, il Museo d’ Arte Contemporanea di Roma, durante il progetto Macro Asilo. È stato un esperimento molto impegnativo fisicamente ed emotivamente perché il tempo era limitato e i visitatori potevano entrare in atelier durante il lavoro.
Through 80×100 olio su tela 2013 – Questa è un’opera che mi interessa molto perché ha segnato per me un punto di svolta verso un nuovo modo di usare la pittura, diverso dal precedente, più svincolato dal reale.
Waiting For 35×45 olio su tela 2020 – Si tratta dell’ultimo lavoro che ho realizzato, e l’ultimo è sempre quello che ci somiglia di più.
Prossimi progetti?
Da qualche tempo sto lavorando anche a opere non strettamente pittoriche, ovvero ad arazzi e diorami assemblati in teche di legno, una sorta di collage tridimensionali. Ho in programma due personali, ma entrambe sono state rimandate a causa della difficoltà del momento. Per una c’è già il titolo, un verso di una poesia di Paul Celan: “Resteremo, fiorendo”. Suona come un augurio per questi tempi.
Appassionati di arte, teatro, cinema, libri e cultura? Segui le nostre pagine Facebook, Twitter e Google News
Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.