Tina Modotti, sette scatti della fotografa italiana famosa in tutto il mondo
Last Updated on 15/02/2021
È una delle più grandi fotografe del XX secolo, nonché importante e controversa figura del comunismo. Gli scatti di Tina Modotti sono conservati nei più importanti istituti e musei del mondo. Sul suo stile dichiarò: “Io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni”…

È una delle più grandi fotografe del XX secolo, nonché figura importante e controversa del comunismo. Le opere di Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti, conosciuta come Tina Modotti (Udine, 17 agosto 1896 – Città del Messico, 5 gennaio 1942), sono conservate nei più importanti istituti e musei del mondo. Fra questi l’International Museum of Photography and Film at George Eastman House di Rochester (New York) e la Biblioteca del Congresso (Library of Congress) di Washington.
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La relazione con Edward Weston
Benché avesse dimostrato sin da ragazzina attenzione per il mezzo fotografico, fu la sua relazione con Edward Weston che le permise di praticare e migliorare le sue capacità, fino a divenire un’artista di fama internazionale. Il fotografo messicano Manuel Alvares Bravo ne suddivise la carriera in due periodi distinti: quello romantico e quello rivoluzionario.
Tina Modotti fu “fotografa ufficiale” del movimento muralista messicano
Il primo include il periodo trascorso con Weston come assistente in camera oscura. Insieme aprirono quindi uno studio di ritrattistica a Città del Messico e ricevettero l’incarico di viaggiare per il Messico per fare fotografie per il libro Idols Behind Altars di Anita Brenner. In questo periodo venne scelta poi anche come “fotografa ufficiale” del movimento muralista messicano, immortalando i lavori di José Clemente Orozco e di Diego Rivera. Molte delle foto dedicate ai fiori sono state scattate in quel periodo. Fu amica, e probabilmente anche amante, della pittrice Frida Kahlo.
Nel 1929 assistette alla morte del suo compagno da pochi mesi, il rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella
Poi, il 10 gennaio 1929, assistette alla morte del suo compagno da pochi mesi, il rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella, ucciso da un oppositore politico. Segue una campagna scandalistica di cui diviene vittima, e per questa ragione rifiutò l’incarico di fotografa ufficiale del Museo nazionale messicano. Intraprende un nuovo progetto: un reportage sull’Istmo della regione del Tehuantepec documentando le donne straordinariamente forti e belle.
La sua fotografia diviene “strumento di indagine e denuncia sociale”
Dopo la frequentazione del fotografo Edward Weston da cui apprende le basi della fotografia, è la Modotti stessa a sviluppare ben presto un suo proprio stile. La sua fotografia diviene «strumento di indagine e denuncia sociale». Realizza foto esteticamente equilibrate in cui era prevalente una ideologia ben definita: «esaltazione dei simboli del lavoro, del popolo e del suo riscatto (mani di operai, manifestazioni politiche e sindacali, falce e martello,…)». Nei reportage, in quella che altri fotografi definirono “fotografia di strada” la Modotti aveva idee ben precise, infatti cercò mai effetti “speciali”, a suo avviso la fotografia lungi dall’essere “artistica” doveva denunciare “senza trucchi” la realtà nuda e cruda in cui gli “effetti” e le “manipolazioni” dovevano essere banditi.
“Io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni”
Nel 1926 dichiarò: «… Desidero fotografare ciò che vedo, sinceramente, direttamente, senza trucchi, e penso che possa essere questo il mio contributo a un mondo migliore». Definendo precisamente il suo punto di vista, la Modotti nel 1929 spiegò «Sempre, quando le parole “arte” o “artistico” vengono applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo. Questo è dovuto sicuramente al cattivo uso e abuso che viene fatto di questi termini. Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò che viene fatto di solito in questo campo, è precisamente che io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni. La maggior parte dei fotografi vanno ancora alla ricerca dell’effetto “artistico”, imitando altri mezzi di espressione grafica. Il risultato è un prodotto ibrido che non riesce a dare al loro lavoro le caratteristiche più valide che dovrebbe avere: la qualità fotografica».
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.
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