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Black Noise di Brian D’Aquino – la recensione del libro

Black Noise di Brian D’Aquino, edito da Meltemi, indaga le “tecnologie della diaspora snora”: partendo dalla musica giamaicana l’autore mette in discussione il legame tra suono, tecnologia, potere e identità.

Partendo dall’analisi dell’importanza della musica giamaicana nella definizione del canone della musica contemporanea, Brian D’Aquino cerca di ricomporre un mosaico sonoro, politico e culturale. D’Aquino, insomma, parte da una delle radici dei fenomeni musicali moderni e ne ricostruisce la portata antropologica. Ne viene fuori che l’importanza della musica della diaspora africana, e in particolare della cultura del sound system giamaicano, travalica l’aspetto prettamente musicale ed estetico. Diventa, insomma, una chiave di lettura efficace del presente. Scrive l’autore che Black Noise, edito da Meltemi, è il “rumore di fondo, sotterraneo ma costante, virtualmente rintracciabile nella maggioranza dei suoni che animano le street parades, rave parties, dancehall sessions e grandi festival, per affacciarsi infine nelle classifiche del pop internazionale”.

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Sound System Culture

In principio era il sound system, e cioè la cultura del “mettere dischi” giamaicana ma presto diffusasi su scala globale (se voltete farvi un’idea recuperate il secondo episodio della sere tv “Small Axe” di Steve McQueen). Questo libro ne indaga non solo le origini, ma anche la portata sociale e antropologica. Ne svela l’importanza seminale in un’ottica che vede necessario “leggere politicamente le audioculture”. Dietro al Black Noise, al rumore nero, c’è un mondo intero; c’è la cultura della diaspora e le conseguenze del colonialismo; c’è la rotta atlantica dello schiavismo e le culture caraibiche, la repressione etnica e l’urbanesimo contemporaneo. Ma c’è anche un mondo di resistenza – per quanto obliquo – in cui “una tastiera Casio possa diventare l’arma finale nella battaglia sonora dei soundclash”.

Tra centro e periferia

È il suono della periferia di Kingston, i block party nelle metropoli e la cultura del sound system, in un continuo scambio tra centro e periferia. Per dirla con D’Aquino: Black Noise è l’eco di una dancehall session da qualche parte nella Downtown di Kingston […]. È il boom-cha che rimbomba nelle strade di Portland dai finestrini di un’auto il cui guidatore ha nove volte più probabilità di essere fermato per un controllo rispetto a un conducente con la pelle chiara”. Ma Black Noise è anche “la tromba di Miles Davis e la TR808 di Jeff Mills; il basso di Larry Graham e il mixer di King Tubby; la MT40 di King Jammy e il giradischi di Grand Wizzard Theodore”.

Black Noise: il suono della modernità

L’importanza della musica giamaicana e del sound system esula, abbiamo detto, dal discorso strettamente musicale. La questione è ampia, culturale e politica. Il libro indaga bene questi aspetti, ne ricostruisce le implicazioni in un’ottica postcoloniale; la rilevanza di questi “rituali di resistenza” ha a che fare con la natura stessa della contemporaneità. E lo fa ribadendo il ruolo fondamentale della periferia urbana e culturale nella definizione del “suono” della modernità. Il Black noise, insomma, “vuole rendere manifesto il modo in cui la musica nera dell’ultimo secolo resta inscritta in una fitta rete di relazioni, che ne informano l’estetica, ne influenzano le modalità di produzione, e ne regolano la fruibilità, all’interno di quella instabile formazione culturale che siamo soliti definire modernità”.

Scheda del libro

Titolo: Black Noise. Tecnologie della diaspora sonora
Autore: Brian D’Aquino
Editore: Meltemi
Anno: 2021
Pagine: 276
ISBN:  9788855193955
Prezzo: 24 euro.

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