Dieci anni di cinema USA: la recensione del libro di Stefano Santoli
“Fabbrica di sogni, deposito di incubi. Dieci anni di cinema USA. 2010-2019″. Edito da Mimesis, il libro di Stefano Santoli è una informatissima carrellata sull’ultimo decennio di cinema americano…

Il libro di Stefano Santoli, edito da Mimesis, esplora un decennio di cinema americano analizzando tecniche, generi e autori. Il libro non solo è molto esaustivo ed informato, ma propone chiavi di lettura originali e stimolanti. Dalla riflessione sui generi cinematografici, come quella sulla apoteosi e sulla conseguente crisi del genere supereroistico, fino ad uno sguardo complessivo sull’evoluzione del cinema d’autore vecchio e nuovo, la carrellata proposta nel libro cerca di inquadrare il cinema americano nel più ampio contesto di un decennio tutt’altro che semplice nella storia degli Stati Uniti.
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La metamorfosi del piano-sequenza
Dai fasti dei supereroi alla crisi del 3D, il libro si apre con una riflessione sulle tecniche di rappresentazione; e in particolare analizza l’evoluzione del piano sequenza nel cinema contemporaneo. Strumento perfetto per restituire la “realtà” il long shot contemporaneo, figlio del digitale, ha subito un cambiamento di funzione che lo porta quasi ad essere uno strumento di straniamento iperrealista. Si pensi ad un film come Birdman o al recente 1917. “Marchio di fabbrica” di certe filmografie d’autore (un nome su tutti: Béla Tarr), il piano sequenza è stato, proprio nell’ultimo decennio uno degli artifici stilistici preferiti da certo cinema hollywoodiano, di grande successo anche agli Oscar. Non a caso Santoli parla di “fascinazione mainstream per il piano sequenza”.
Sguardi al presente del cinema americano
Di particolare interesse il capitolo Sguardi al presente, in cui l’autore propone percorsi di lettura tematici su alcune tendenze del cinema dell’ultimo decennio. La riflessione si sviluppa sulle modalità di lettura del contemporaneo. Ma la questione è innanzitutto linguistica. Si assiste infatti nel decennio appena trascorso ad una biforcazione fondamentale: quella tra i residui di un postmodernismo ormai in crisi, nonostante qualche ecellente eccezione; e quella di un ritorno ad un realismo dalle molte sfaccettature, sia esso di matrice “New Hollywood” (i film dei fratelli Safdie ne sono l’esempio più significativo) o figlio dell’Eastwood maturo. Sempre da questo punto di vista è interessante la discussione sul cinema di genere come mezzo di interpretazine della relltà e in particolare delle sue storture; della capacità del cinema horror, ad esempio, di affrontare la crisi, le discriminazioni e la violenza in maniera simbolica eppure assai diretta e politica.
Maestri vecchi e nuovi
Chiude il volume l’analisi dell’opera di una serie “maestri” del cinema americano che negli ultimi dieci anni hanno affinato o perfezionato la loro arte. Scorsese, con i suoi ultimi e dolentissimi film; Woody Allen, che firma alcuni film che chiariscono molto bene acuni punti chiave della sua poetica (uno su tutti Midnight in Paris); David Lynch, che torna Twin Peaks e firma forse il capolavoro della sua maturità. E poi Tarantino, Eastwood, Malick. Più in generale però, questo ultimo decennio di cinema USA ha visto dei cambiamenti sostanziali al sistema Hollywood.
Non solo una nuova generazione di autori e registi, molti dei quali hanno rinnovato i generi cinematografici e i linguaggi; ma più in generale una “internazionalizzazione” di Hollywood, che ha portato il cinema americano ad “inglobare” autori e filmografie estere nel sistema americano. E Santoli in ultima analisi si chiede: volontà “internazionalista” o modo diverso di “colonizzare”, di americanizzare le filmografie straniere? Insomma, uno spunto di riflessione importante per un quesito ancora aperto.
Scheda del libro
Titolo: Fabbrica di sogni, deposito di incubi. Dieci anni di cinema USA. 2010-2019
Autore: Stefano Santoli
Editore: Mimesis edizioni
Anno: 2021
Pagine: 236
ISBN: 9788857578859
Prezzo: 20 euro.
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“Come saremmo colti se conoscessimo bene solo cinque o sei libri”, scriveva Flaubert.
Luca Verrelli cerca di essere un buon lettore.