The dry – Chi è senza peccato: la recensione del film
Esce nelle sale italiane l’11 novembre The dry di Robert Connelly con Eric Bana, Genevieve O’Reilly, BeBe Bettencourt e Keir O’Donnell. Adattamento cinematografico del best seller pluripremiato uscito nel 2016 di Jane Harper.

Esce nelle sale italiane l’11 novembre The dry – Chi è senza peccato, di Robert Connelly con Eric Bana, Genevieve O’Reilly, BeBe Bettencourt e Keir O’Donnell. Adattamento cinematografico del best seller pluripremiato uscito nel 2016 di Jane Harper, distribuito da Notorius Pictures. Quando la verità è ferita e abbandonata è il dubbio a rivendicarla dal marcio della coscienza di chi la conosce: una terra arida, secca, vecchia.
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The dry, sinossi del film
The dry è l’adattamento cinematografico del best seller pluripremiato uscito nel 2016 di Jane Harper. La storia è quella di Aaron Falk (Eric Bana) un detective della polizia che torna nel paese della sua infanzia dopo 20 anni richiamato dal funerale del suo vecchio amico Luke (Martin Dingle Wall). La tragedia è violenta. La madre e il figlio di Luke vengono dichiarate infatti come le sue vittime uccise prima di togliersi lui stesso la vita. Un omicidio suicidio che scuote la piccola città e ne agita la comunità al punto da ciecarla e annebbiarla con le ombre di un odio nutrito dall’aridità del rancore. Saranno le indagini condotte dal detective a combattere contro i pregiudizi e le false accuse, In difesa di una verità nascosta la cui ricerca lo condurrà tra le braccia fredde di un passato ferito.
La sequenza iniziale: un avvertimento…
Il film inizia con una lunga carrellata che dall’alto con il suo sguardo penetra una terra devastata dalla siccità. Sequenza alternata con uno zoom, sempre in carrellata, che riprende le venature delle assi in legno del pavimento di una casa. Le due immagini alternate tra loro nel montaggio suscitano da subito un effetto devitalizzante in cui la morte della natura si insidia attraverso le sue radici sin dentro le case. Una transizione fluida ed elegante quindi tra paesaggio e oggetto in cui l’uno diviene espressione dell’altro. Il quadro di colori in movimento dà cosi il là al racconto, perché lo sintetizza sul piano filmico ed estetico. Le tonalità gialle avvertono quindi lo spettatore prima della tragedia.
Il realismo cinico
Il profilo stilistico del film è basato dunque sulla proiezione dell’uomo sulla natura, essa ne diviene infatti uno specchio attraverso cui riflettere la sua immagine. Cioè quella di un’intera comunità ancorata alla memoria di un passato ombroso che non la vuole abbandonare così come la siccità ha fatto con la terra. Tutto appare appiattito su uno sfondo di morte che il ritmo del film sa rispettare. La m.d.p. riprende infatti gli eventi del presente in maniera fredda e distaccata creando uno stato di assenza che buca lo spazio e il tempo in cui vivono i personaggi. Un realismo cinico che naturalizza la morte e brutalizza l’umanità. La violenza altro non diviene quindi che il corso naturale di una realtà essiccata e morente.
Una luce che brucia
Una dimensione questa in cui il presente fugge nel passato raccogliendone le sue ombre. Sono i flashback continui della memoria di Falk a realizzare tale passaggio. Infatti la nebbia dolorosa dei ricordi della sua giovinezza, macchiati di morte e perdita, si estende ad un presente tanto trasparente quanto oscuro. La fotografia è infatti pulita. Tutto è ordinato all’interno del profilmico, le immagini sono ben definite grazie ad un uso della luce che ne ritaglia distintamente i suoi elementi all’interno della scena. Una luminosità che non comunica però l’espressione della vita ma al contrario ne denota la sua privazione. In the Dry la luce quindi non svela ma nasconde; è il sole che brucia la terra mentre la illumina.
Il trailer del film
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Classe 1996 , laureato presso la facoltà di lettere e filosofia. Il mio interesse per l’arte, declinata nella forma dell’immagine, ha suscitato in me il desiderio di osservarla e amarla attraverso una continua ricerca e analisi delle sue forme e significati. Influenzato dalla magia del rito teatrale ricerco nel cinema quella stessa capacità di trasportare lo sguardo dello spettatore aldilà della rappresentazione.