Storia dell’Arte, il meglio del Trecento italiano in 5 artisti
Last Updated on 13/01/2021
Giotto, Buffalmacco, Simone Martini, Ambrogio Lorenzetti e Tommaso da Modena: cinque nomi per un secolo
Tra il XIII e il XIV sec. il tramonto dell’Impero d’Oriente e il termine delle incursioni arabe consentono la formazione, in nuce, delle identità nazionali nel mondo neolatino e, con esse, della cultura artistica gotica.
Giotto e Buffalmacco, i grandi artisti del Trecento
Giotto (1267 ca. – 1337) è il capostipite della pittura allegorica moderna. Suo capolavoro è sicuramente la decorazione della Cappella degli Scrovegni a Padova (1303 – 1305). Gli affreschi comprendono episodi cristologici e mariani, storie di S. Anna e Gioacchino, allegorie di Vizi e Virtù e il Giudizio Universale. La ricerca cromatica è studiata e approfondita, le linee morbide, i volumi plastici (per via del sapiente uso del chiaroscuro). A questi traguardi tecnici si accompagna una valida capacità di coinvolgimento emotivo dell’osservatore, che rende il pittore un vero e proprio trascinatore di anime.
Buffalmacco (1262 – 1340) è celebre per la sua presenza nel Decameron. Pur fiorentino, si discosta non poco dalla lezione giottesca. Infatti gli affreschi che esegue per il Camposanto di Pisa (dal 1333 ca.) rivelano, tramite vivaci cromie e un crudo realismo, una vis espressiva popolare e una spontanea rudezza. Spicca la varietà tipologica dei personaggi effigiati, inseriti in un contesto compositivo di gusto miniaturistico. Didascalie di tono moralistico corredano e supportano validamente l’apparato iconico.
Vita e opere di Simone Martini, Ambrogio Lorenzetti e Tommaso da Modena
Simone Martini (1284 – 1344) è l’autore de “La Maestà” (1312 – 1315), affresco realizzato nel Palazzo dei Nove, a Siena. Il soggetto religioso, una Madonna assisa con Bambino circondata da angeli e santi, cela in verità una funzione civica. Sui gradini del trono si leggono infatti delle strofe inerenti principi etici e religiosi del Buon Governo. Maria stessa incarna l’anima comunale della città. La composizione è moderna, con corpi slanciati ed elaborati panneggi.

Ambrogio Lorenzetti (1290 – 1348), di scuola senese, ha fornito dignità artistica all’elemento paesistico. Tra il 1335-1340 orna il chiostro e la sala capitolare del convento di s. Francesco a Siena con storie del relativo Ordine. Di esse permangono “Il Martirio dei Francescani a Ceuta” e “S Ludovico di Tolosa si congeda da Bonifacio VIII”. Ora traslati nella chiesa. Nonostante ciò, questi scampoli riescono da soli a testimoniare tutta l’inventiva dell’artista, proiettato verso schemi narrativi animati ed eleganti.
Tommaso da Modena (1326 – 1379) riunisce in sé realismo giottesco, eleganza gotica e gusto per il dettaglio (derivatogli dalla sua attività di miniatore). Nella serie “Ritratti di Domenicani” (ex convento trevigiano di S. Nicolò) il frescante raffigura quaranta membri illustri dell’Ordine. Ogni personaggio è sul proprio seggio, diversamente atteggiato e caratterizzato. Inoltre l’estremo realismo non trascura difetti e dettagli fisici. Un vero e proprio studio psicologico.

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Ivan Caccavale, classe 1991, storico e critico d’arte. Attratto da forme, colori e profumi sin da bambino, mi sono formato presso il liceo classico. Ho imparato che una cosa bella è necessariamente anche buona (“kalòs kai agathòs”).
Come affermato dal neoplatonismo, reputo la bellezza terrena un riverbero della bellezza oltremondana. Laureato in studi storici-artistici, mi occupo di editoria artistica.
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