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Letteratura italiana: il Quattrocento in 5 libri e autori

Last Updated on 18/01/2022

I capolavori della letteratura italiana del Quattrocento: i trattati di Leon Battista Alberti e Leonardo da Vinci, l’Orfeo di Poliziano, il Morgante di Pulci e l’Orlando innamorato di Boiardo

Nel Quattrocento fiorisce il periodo umanistico-rinascimentale che abbraccia anche il secolo successivo. Accanto alle università sorgono nuove istituzioni culturali: scuole (famose quelle di Mantova e Ferrara) rinnovate nei metodi e nei contenuti; accademie (ricordiamo quella platonica di Firenze e quella pontaniana di Napoli); biblioteche, librerie e stamperie, legate alla diffusione dei manoscritti soprattutto latini e greci e, a partire dal 1470, dei primi libri a stampa detti poi incunaboli ovvero culle, in quanto rappresentano la prima infanzia del libro moderno. L’unità linguistica fatica ad arrivare, anche per la mancanza di un centro politico unico. Nel Quattrocento abbondano i dialetti, anche molto diversi fra loro. Il linguaggio letterario recupera il latino a scapito del volgare che riaffiora però con forza sul finire del secolo.

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Il trattato della famiglia di Leon Battista Alberti

 Il trattato della famiglia di Leon Battista Alberti

Letterato e architetto, pedagogista e teorico dell’arte, uomo di studi ma anche atleta, Leon Battista Alberti sintetizza nella sua opera i caratteri tipici dell’Umanesimo. Tutte volgari le opere maggiori. Il suo capolavoro è il trattato dialogico della Famiglia: i primi tre libri (1433-34) dissertano sull’educazione dei figli, della vita coniugale e domestica; il quarto (1441) parla dell’amicizia.

Il Libro della pittura di Leonardo da Vinci

Libro della pittura di Leonardo da Vinci

La figura e l’opera di Leonardo da Vinci sono immense. Pittore, architetto, scienziato, personifica il genio rinascimentale. Nella sua instancabile e multiforme attività che abbraccia tutte le forme del sapere, la produzione letteraria occupa un posto che la critica ha definito strumentale poiché si trova per lo più messa al servizio della ricerca. I suoi testi, disseminati nelle carte dei codici sotto forma di abbozzi di trattato, notazioni a margine, appunti di letture e meditazioni, sentenze in rima, proverbi, configurano un eterogeneo corpus di scritture.

Di Leonardo scrittore non possediamo nessuna opera veramente compiuta. Alla sua morte l’enorme materiale manoscritto viene ereditato dall’amico e allievo Francesco Melzi che ordina il Libro della pittura o Trattato della pittura, che era rimasto incompiuto. Le Favole rappresentano il maggiore sforzo stilistico di Leonardo.

Le Stanze e l’Orfeo di Poliziano

Le Stanze e l'Orfeo di Poliziano

Angelo Ambrosini, detto il Poliziano, è considerato uno dei maggiori umanisti e poeti del Quattrocento. Segretario personale di Lorenzo il Magnifico e precettore dei suoi figli, scrittore dotto e raffinato in volgare, latino e greco. Di Poliziano ricordiamo il poemetto encomiastico Le Stanze per la giostra del Magnifico Giuliano de’ Medici (opera interrotta nel 1478 per la morte di Giuliano, caduto nella congiura dei Pazzi) e l’Orfeo, una favola mitologica in forma teatrale che ha un posto importante nella storia del teatro umanistico.

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Il Morgante di Luigi Pulci

Il Morgante di Luigi Pulci

Rimaniamo a Firenze con Luigi Pulci: la sua opera più importante è il Morgante, poema cavalleresco in ottave, massima espressione della cultura borghese e popolaresca fiorentina. Iniziato nel 1461 per suggerimento di Lucrezia Tornabuoni, madre di Lorenzo il Magnifico, e pubblicato in 23 canti nel 1478, con l’aggiunta di altri cinque nel 1483 in edizione definitiva. Il Morgante si inserisce nella tradizione dei cantari di piazza: Pulci segue fedelmente un poema anonimo, l’Orlando.

L’Orlando innamorato di Boiardo

L'Orlando innamorato di Boiardo

Con Boiardo da Firenze ci spostiamo in Emilia, nelle corti signorili. La sua intensa attività letteraria si incentra su un canzoniere giovanile, Amorum libri, e sul capolavoro della maturità, l’Orlando innamorato. Composto in due riprese, l’Orlando innamorato occupa il poeta dal 1484 alla morte. Il poema dipende, come il Morgante, da fonti canterine ma si avverte un significativo spostamento di pubblico poiché il poeta non si rivolge più al pubblico della piazza ma a quello della corte e lo segnala fin dall’esordio: Signori e cavalier che ve adunati / per odir cose dilettose e nove.

La novità più vistosa è la fusione del ciclo carolingio a cui appartiene Orlando con quello bretone, Orlando che si innamora, aprendo così la strada al poema di Ariosto che troveremo nella prossima tappa del nostro viaggio nella storia della letteratura italiana: il Cinquecento.

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