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Frank Kermode, Il senso della fine. Studi sulla teoria del romanzo – La recensione

Torna in libreria, edito da Il Saggiatore, il libro di Frank Kermode, uno dei più importanti saggi di teoria del romanzo del Novecento

Il senso della fine, libro del 1966 di Frank Kermode torna in libreria per i tipi de Il Saggiatore, in una nuova edizione. Il libro è uno tra i più importanti e discussi saggi di teoria del romanzo apparsi nella seconda metà del secolo scorso (due precedenti edizioni italiane c’erano state nel 1972 e nel 2004). Questa nuova edizione è corredata da una introduzione di Daniele Giglioli.

Il libro di Kermode indaga il rapporto tra l’esperienza romanzesca e il tempo, più in particolare di come il romanzo (inteso in senso molto ampio) sia fondato su una “riorganizzazione” del tempo: dal caos degli eventi alla linearità della narrazione. Il romanzo, insomma, è una porzione di tempo riorganizzata, che punta verso un punto preciso, verso una fine che è anche un fine.

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Il romanzo e la fine

Kermode ha in mente soprattutto il romanzo classico, prima della rivoluzione modernista (e post-modernista). Per lo studioso il romanzo tradizionale esprimerebbe un bisogno antropologico: quello di giungere ad una fine, alla fine di un mondo. Per questo il romanzo esprime una volontà apocalittica. Insomma per Kermode nel romanzo si manifesta quel bisogno di “compiutezza” che il genere umano cerca da sempre: nella religione, nella storia o in qualsiasi altro costrutto in cui la caoticità della contingenza viene racchiusa in un “sistema” definito. Il tempo del romanzo, che è un argomento cardine delle riflessione estetica su questo genere letterario, deriva da questo bisogno; insomma dal “mettere in relazione il futuro attraverso gli intrecci, con il passato e con il momento di mezzo”.

Il tempo del romanzo

Il romanziere, insomma, deve dare un senso allo scorrere del tempo, organizzarlo e fornirlo di significati. Questa costruzione del tempo nelle opere letterarie è una costante, e rispecchia un atteggiamento tipico del pensiero umano. Gli uomini, insomma, dice lo studioso, hanno “inventato” lo scorrere del tempo per “avere il mondo”. Per questo motivo il romanzo è un mondo: perché organizza il tempo; lo inventa, anzi, lo reinventa.

Dice lo studioso che i romanzi non sono altro che modelli narrativi del mondo temporale. Se dunque gli esseri umani non possono fare a meno di una “fine”, questo concetto implicherà necessariamente un inizio, un momento aurorale, e un “tempo di mezzo”, che è sempre tempo di crisi che cerca una risoluzione nella fine. Dice Kermode: “Ciò che, in definitiva, cerchiamo nel romanzo è una compiutezza di tempo, con un inizio, una metà e una fine in armonia”.

Il romanzo e la realtà

Va da sé che la riflessione su romanzo e temporalità porta a quella tra romanzo e realtà, e il loro inevitabile disaccordo. Per trattare questo argomento Kermode prende ad esempio l’opera narrativa di Sartre. L’autore arriva alla conclusione che anche rispetto al pensiero “il romanzo falsifica la filosofia”; come a dire che anche il filosofo se vuole essere romanziere deve “ristrutturare” l’idea per renderla letteraria. Insomma, in ogni caso, quella del romanziere è una “scelta”; il romanzo si costruisce proprio attraverso questa operazione di scelta. La domanda di fondo, insomma, è: in che maniera le finzioni romanzesche sono diverse da quelle esistenziali? E fino a che punto si può evitare che un romanzo dia un’immagine falsata della realtà?

Racconto e rappresentazione

Il mondo, per Kermode, non si può rappresentare senza racconto; o meglio non si può umanizzare senza rappresentazione. Il mondo in sé è orribilmente caotico: la letteratura gli regala una forma definita. Di nuovo, ci troviamo di fronte alla “scelta” dell’autore davanti al magma del reale. E le categorie temporali servono a questo: “Il romanzo avrà una fine; si può evitare una conclusione piena, ma una conclusione ci sarà”. Insomma i romanzi fanno quello che la realtà ci nega. 

Romanzi nel bibliocosmo

Kermode, in conclusione, non fornisce una vera e propria teoria del romanzo; va però forse oltre, definendo il genere lettarario dal punto di vista di una delle sue caratteristiche strutturali (e formali) più importanti: il tempo. In particolare l’idea del tempo che si “organizza” in una forma romanzesca ben precisa ha una portata teorica enorme.

Nonostante il libro abbia ormai superato il mezzo secolo d’età, offre insomma ancora spunti di riflessione altissimi. Il romanzo, passato il modernismo (e anche il postmodernismo) rimane ancora il genere letterario che meglio rappresenta la nostra contemporaneità; ma è, tutt’oggi, un oggetto che non è stato ancora ben identificato. Siamo, insomma, ancora persi in questo bibliocosmo.

Scheda del libro

Titolo: Il senso della fine. Studi sulla teoria del romanzo
Autore: Frank Kermode
Editore: Il Saggiatore
Anno: 2020
Pagine: 215
ISBN:  9788842826958
Prezzo: 26 euro.

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