La vivace astrazione di Stanley Whitney in mostra alla Gagosian Gallery
Aprirà giovedì 10 settembre, presso la Gagosian Gallery di Roma, la personale di Stanley Whitney. Si tratta della prima mostra con la galleria e la prima significativa esposizione a Roma, città in cui ha vissuto per cinque anni negli anni Novanta…

Aprirà giovedì 10 settembre, presso la galleria romana Gagosian, la personale di Stanley Whitney. Originariamente programmata ad aprile, poi posticipata a causa della pandemia, questa è la sua prima mostra con la galleria e la prima significativa esposizione a Roma, città in cui ha vissuto per cinque anni negli anni ’90. La mostra presenta opere inedite realizzate a New York e a Bertacca in Italia. Inaugurazione: giovedì 10 settembre h 12:00 – 20:00.
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Le opere in mostra
La vivace astrazione di Whitney interrompe la struttura lineare della griglia, riempiendola di nuove e inaspettate cadenze di colore, ritmo e spazio. Traendo ispirazione da fonti diverse come le opere di Piet Mondrian, il free jazz, e le trapunte americane, Whitney compone le sue tele con blocchi e barre in un dinamico gioco cromatico di “botta e risposta”.
Whitney ha trascorso molti anni sperimentando il potenziale apparentemente illimitato di una singola tecnica compositiva, dividendo liberamente tele quadrate in registri multipli. L’olio applicato sottilmente conserva il suo tocco vivace pur permettendo un certo grado di trasparenza e di tensione ai bordi di ognuno dei brillanti riquadri. Utilizzando tele di varie dimensioni, l’artista esplora gli effetti variabili delle sue geometrie disegnate a mano libera, sia in grande scala che in formato più intimo, mentre applica abilmente successivi blocchi di pittura rispondendo al richiamo di ogni colore.
Sono state l’arte romana e l’architettura ad aver ispirato in Whitney la relazione tra colore e geometria
Sebbene Whitney si sia profondamente dedicato alla sperimentazione cromatica nel corso di tutta la sua carriera, ha consolidato il suo originale approccio durante un viaggio formativo in Italia nel 1992, trasformando le sue composizioni da slegati insiemi di forme amorfe alle più solide e sovrapposte disposizioni che caratterizzano il suo stile maturo. Sono state l’arte romana e l’architettura – incluse le imponenti facciate del Colosseo e di Palazzo Farnese e i ripiani delle urne funerarie esposte al Museo Nazionale Etrusco – ad aver ispirato in Whitney la relazione tra colore e geometria.
L’Italia rimane una fonte di ispirazione fondamentale e duratura per Whitney, che trascorre le sue estati dipingendo in uno studio vicino a Parma. Lavorando in Italia, egli adatta la tavolozza alla storia che lo circonda, permettendo alle tonalità tenui – il beige, i marroni e i rossi Pompeiani – di assumere un ruolo importante nelle sue ricche e varie composizioni. Questi toni caldi ci appaiono in tutta la loro potenza in Bertacca 2 (2019), una delle tre grandi tele incluse in mostra, che Whitney ha dipinto in Italia.
Chi è Stanley Whitney
Stanley Whitney è nato nel 1946 a Philadelphia, e vive e lavora tra New York e Parma, Italia. I suoi lavori sono inclusi, tra le altre, nelle seguenti collezioni: Metropolitan Museum of Art, New York; Solomon R. Guggenheim Museum, New York; Whitney Museum of American Art, New York; Albright-Knox Art Gallery, Buffalo, NY; Philadelphia Museum of Art; High Museum of Art, Atlanta; Nelson-Atkins Museum of Art, Kansas City, MO; e National Gallery of Canada, Ottawa. Tra le mostre personali si annoverano Recent Works, A.A.M. Architettura Arte Moderna, Roma (2004); Omi International Arts Center, Ghent, NY (2012); Dance the Orange, Studio Museum in Harlem, New York (2015); e FOCUS, Modern Art Museum of Fort Worth, TX (2017). Whitney ha partecipato a Documenta 14 (Kassel, Germania; e Atene) nel 2017.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.