Il dipinto del 1811: Giove e Teti di Jean-Auguste-Dominique Ingres e la “disfunzione della tiroide”
L’artista Jean-Auguste-Dominique Ingres considerò il suo “Giove e Teti” un “quadro divino”. Al contrario gli accademici francesi l’accolsero assai freddamente, criticando soprattutto l’eccessiva altezza del collo di Teti…

Giove e Teti è un’opera di Jean-Auguste-Dominique Ingres, realizzata nel 1811. Il dipinto dalle dimensioni 324×260 cm, è a olio su tela ed è attualmente esposto nel musée Granet di Aix-en-Provence.
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La genesi dell’opera
Il primo canto dell’Iliade di Omero offrì a Ingres la materia di questo quadro. Il dipinto infatti rappresenta la nereide Teti, madre dell’eroe Achille, allorché chiede a Giove di favorire i Troiani nelle battaglie della guerra di Troia affinché il figlio tornasse a combattere, dopo l’allontanamento dall’esercito per una disputa con Agamennone circa la schiava Briseide.
Ingres considerò l’opera un “quadro divino”…
Ingres iniziò la monumentale tela di Giove e Teti nel 1810 e la portò a compimento l’anno successivo. L’autore era rimasto affascinato dall’episodio omerico sin dal 1806, come testimonia una missiva inviata a Forestier il Natale di quell’anno e apprezzò assai questa sua opera, che costituì l’ultimo invio del pensionato all’Accademia di Francia (envoi de Rome).La riteneva di una tale bellezza che, sostenne, «anche i cani arrabbiati, che vogliono azzannarmi, dovrebbero esserne commossi».
… ma gli accademici francesi criticarono duramente l’eccessiva altezza del collo di Teti
Affermò, ancora, che si trattava di «un quadro divino che dovrebbe far sentire l’ambrosia a una lega di distanza». Al contrario gli accademici francesi accolsero assai freddamente Giove e Teti. Ne criticarono soprattutto l’eccessiva altezza del collo di Teti, attribuendole addirittura una disfunzione della tiroide.
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Di origini salentine, trasferito a Roma per motivi di studio. Ho imparato a leggere a 2-3 anni. Per scrivere ho dovuto aspettare i 4. Da allora non mi sono più fermato. La scrittura è la mia vita, la mia conoscenza, la mia memoria. Nonché il mio lavoro. Che mi aiuta a crescere ed imparare. Per non sentirmi mai arrivato, per essere sempre affamato di conoscenza.